Attualità

Il fallimento (annunciato) del 3D

Il fallimento di Nintendo 3DS la dice lunga sul destino delle tecnologie che i cicli di marketing ci impongono. Una lunga storia che inizia con le videochiamate...

di Alberto Forni

Il mondo dell’entertainment è davvero spietato. Soprattutto in ambito videoludico. Tre anni anni prima sei l’azienda fenomeno che invece di rincorrere la guerra delle console a base di steroidi si concentra sul significato vero del divertimento e porta un’orda di casual gamer a cimentarsi coi quiz e col fitness elettronico. Tre anni dopo incappi in quello che rischia di diventare un fallimento epocale così come ti era già successo con altro pezzo di hardware, quel Virtual Boy a fosfori rossi che guarda caso, anche lui, guarda caso, tentava di ricreare un ambiente tridimensionale all’interno dei videogame col solo risultato di far venire il mal di testa ai teenager di mezzo pianeta. È proprio vero, come stava scritto sopra la testolina di Jim Jones a Jonestown, che “Chi non impara dagli errori del passato, è costretto a ripeterli”.

Così la Nintendo, a pochi mesi dal lancio della sua nuova console portatile, il 3DS, si è trovata in mano una patata bollente, sotto forma di magazzini pieni di pezzi invenduti, ed è stata costretta a un taglio di prezzo che ha fatto seriamente arrabbiare, ma seriamente, tutti coloro che l’avevano acquistata a prezzo pieno qualche minuto prima. Perché uno non compra un gadget elettronico di nuova generazione a fine marzo per 249 dollari e se lo ritrova a inizio agosto a 169. Non è esattamente una di quelle cose che ti fanno sentire un early adopter fico e sgamato e rispettato. E così anche “l’Ambassadors programme” lanciato dall’azienda giapponese, 20 retrogame in regalo ai pionieri del 3DS, è sembrato più che altro una specie di imbarazzato contentino. Tutto questo quanto meno, quanto meno, ha avuto il merito di certificare in maniera ufficiale un primato non invidiabile: cioè che Nintendo è il primo colosso dell’elettronica a bruciarsi le pennette sull’altare del 3D. Ma l’azienda giapponese si consoli: altri seguiranno presto.

Ora io non so davvero che fine farà il 3DS, se in qualche modo riuscirà a riprendersi grazie magari a qualche killer application, e se fra 10 anni tutti avremo dei televisori tridimensionali nelle nostre case, però di una cosa sono certo, anzi certissimo, e cioè che il 3D era una cagata negli anni ’50, quando è stato lanciato, ed è ancora una cagata nel 2011. Non è un problema di tecnologia. Il problema è che non ha nessun senso. Intendiamoci, è bellissimo e favoloso, certo, ma lo è per 5 minuti, perché è e rimarrà sempre una cosa innaturale ai confini della labirintite e perché tutto sommato posso accontentarmi del fatto – anzi forse preferisco – che Nadal gli smash li faccia a due metri da me e non esattamente dentro al mio cervello e che le lolite del k-pop non finiscano per mettermi le loro videozinne in bocca. In fondo, a pensarci bene, tutta questa storia del 3D puzza di marketing terminale lontano un miglio. È come se la Philips, oggi, si mettesse a riproporre sul mercato la sua Digital Compact Cassette. La gente non l’ha voluta 20 anni fa, perché mai dovrebbe volerla adesso?

L’esempio più classico di quello che voglio dire è rappresentato dalle videochiamate. Quando è stata inventata questa tecnologia? Verrebbe da dire anni ’80, al massimo ’70, e invece la prima videochiamata al mondo è stata fatta nel 1927 e da allora in pratica il tentativo di imporre il videotelefono non si è mai fermato e ha continuato, a onde più o meno decennali, senza risultati apparenti. Non hanno fatto presa i videotelefoni della Sip, non hanno avuto successo le videochiamate delle 3 e francamente non scommetterei tanto neanche sul Facetime della Apple. È un problema di tecnologia? No, non lo è più. È un problema di costi? No, anzi spesso è vero il contrario. Il problema è uno solo, cioè NON-È-UNA-TECNOLOGIA-CHE-VOGLIO-SEMPRE-PRESENTE-NELLA-MIA-VITA, cioè non è una tecnologia importante.

Allora la mia modesta proposta è questa, abbandoniamo le videochiamate e il 3D al loro destino, lasciamoli andare nel grande Walhalla della tecnologia, nelle verdi praterie delle schede madri e dei transistor – così come abbiamo già dimostrato di saper fare con l’odorama, la posta pneumatica e il mini disk – e non cerchiamo di riportare in vita, in puro stile Jurassic Park, tecnosauri da lungo tempo estinti. So bene che ogni santo anno che Dyo® manda sulla Terra ci sono le fiere dell’elettronica e che i signori della “Panasamsung” devono sempre presentare una nuova linea di televisori rivoluzionari che più rivoluzionari non si può, però alla fine sviluppare nuove tecnologie, per quanto cazzone, ha un costo e in un momento in cui siamo ancora in transizione verso l’alta definizione e il blu-ray non riesce ad attecchire neanche ora che è arrivato ai livelli di prezzo del dvd – perché alla maggior parte della gente non interessa e anche perché il supporto fisico sta morendo e tutto ormai è la fuori, nella nuvola, sempre e comunque disponibile – ecco in un momento come questo direi che possiamo affermare, in maniera tranquilla e pacifica, che il 3D e gli occhialini possono anche andare a nanna, come giustamente i consumatori da due anni a questa parte stanno cercando di far capire ai padroni del vapore. E poi comunque, cara Nintendo, ti pare che si possa fare una console rivolta ai giovanissimi e poi dire che è meglio che i fino a 6 anni i bambini non ci giochino perché potrebbe far loro male agli occhi?

Per molto meno, in Lords of the Rising Sun, l’unica soluzione che ti restava era un bel seppuku. Altro che i giochini del NES in regalo.