Attualità

Capitale a 5 Stelle

Cibo, case, sesso, salotti: consigli non richiesti ai grillini duri e puri per rallentare il loro inevitabile approdo fra le braccia di Mamma Roma.

di Michele Masneri

Nell’ottobre 2010 piazza Montecitorio fu invasa da gazebo sotto le cui (tenso)strutture Umberto Bossi, Gianni Alemanno e Renata Polverini firmarono un simbolico “patto della pajata”. L’immagine del Senatur poco lucido imboccato di matriciana dai politici laziali è naturalmente la rappresentazione plastica di quanto la normalizzazione dei barbari (non ancora sognanti) sia stata inesorabile. Adesso, più che sulla governabilità, a Roma si fanno questi calcoli, soprattutto tra i ristoratori, i più contenti della tornata elettorale. Quanto dovrà passare (mesi, giorni?) per vedere i primi grillini perturbati e inglobati dalla temperie capitolina? Quali i primi segni del contagio? Qui dieci suggerimenti amichevoli su cose da fare e da non fare per rallentare il processo (che comunque, come l’invecchiamento cellulare è inarrestabile e inevitabile).

1) Salotti. In realtà difficili ormai da frequentare. Primeggiava fino a qualche anno fa quello di Maria Angiolillo, già quarta camera dello Stato, in piazza di Spagna, chiuso per decesso della celebre fondatrice, erede dell’editore del Tempo. All’epoca, ritrovo ambito di politici, banchieri, imprenditori, rigorosamente seduti in tre tavoli chiamati romanticamente Alba, Meriggio e Tramonto, e assortimento scientifico – “un cardinale, un politico, ‘na mignotta”. Romano Prodi sbagliò giorno e si presentò la sera precedente all’invito, sorprendendo la signora in vestaglia. Chiuso nel 2009. In disuso per intervenuti limiti di età risulta anche il salotto di Sandra Verusio (tendenza Pd); sopravviveva fino a qualche giorno fa quello molto berlusconiano ai Parioli di Melania e Andrea Rizzoli, attualmente sospeso per arresti domiciliari dei residenti ora coatti. Resiste villa La Furibonda, ma di nicchia, con serate danzanti al ritmo di canzoni sudamericane della padrona di casa, Marisela Federici. Sull’Appia Antica, già du côté de chez Martelli (in quel caso, Appia dei Popoli). Un salotto a sé stante è poi quello di palazzo Ferraioli, dove spesso vengono organizzate presentazioni di libri di editori a pagamento, e dove si raduna una forma anomala di nobiltà finta – prerogativa esclusiva della capitale – che il nuovo arrivato potrebbe confondere con nobiltà autentica (ma le due sono ugualmente permeabili, e molto difficilmente distinguibili).

2) Cibo. La prima cena grillina, come doverosamente informano le cronache, si è svolta al Bar del Fico, meta giovanilista dalle parti di piazza Navona, con cifre no-casta (16 euro a testa). Il rischio però fortissimo è che si cada nel Tridente Del Fritto i cui vertici sono lo storico e classico Fortunato al Pantheon, in via della Rotonda, molto amato dagli Udc; il newyorchese Gusto con le sue dependance e i suoi arredi tipo Hamptons – un giorno andrà studiato l’influsso del suo decoratore, l’architetto Roberto Liorni, che ha fatto anche Primo al Pigneto e il Pastificio di San Lorenzo, sulla temperie culinaria ed estetica di questi anni romani. Il terzo, Matricianella, con bucce di patate pure fritte. Il tridente del fritto attorno a Camera e Senato incrocia anche il pericoloso – e spesso iettatorio – Asse del Crudo che passa per la pericolosa Rosetta, coi famosi pasti in nota spese di Lusi, ormai dimenticato tesoriere della Margherita, e per l’ostentatorio Quinzi & Gabrieli, con pesci vivi agonizzanti in vetrina (in Resistere non serve a niente di Walter Siti, il ristorante viene profanato da pipì di giovani Occupy). Puntare piuttosto su Eataly con sapori a chilometri zero (ma attenzione a pericolosa vicinanza mezzi trasporto montezemoliani Tav forse portatori di casi di coscienza).

3) Case. No a propria insaputa. Evitare Opus Dei e Propaganda Fide (e qualunque proprietario con ragione sociale vagamente latina). Ricordare casi Scajola a Colosseo (per un piano rialzato in palazzo anni Sessanta, poi). Calcolare che crisi immobiliare ha colpito anche il centro di Roma. Trattare molto sui prezzi. Il giovane grillino – cui spetta anche il permesso per circolare nel centro storico – potrebbe però optare però per zone meno centrali puntando per esempio su Pigneto, Casilino, Torpignattara. In quel caso leggere Il contagio, sempre di Walter Siti. Fare attenzione a clan Casamonica. Se si ambisce a diventare padroncini, ricordarsi che le agenzie Bnl di Camera e Senato praticano mutui anche di tre punti inferiori ai costi di mercato. Evitare case in eredità soprattutto estere.

4) Abbigliamento. Evitare fascinazione classico Cenci a via di Campo Marzio, con Hogan anatomiche per verticalmente svantaggiati (tempo libero) e gessati-Church per foto di ordinanza. Non cadere a lusinga sconti deputati-senatori. Non cadere però in eccesso opposto, tipo mercatino via Sannio. Ricordarsi caso Craxi al Quirinale, rimandato indietro a cambiarsi da Pertini, perché jeans non ammessi. Vedi punto 5.

5) Quirinale. Rileggersi Giovanni Leone, la Carriera di un presidente di Camilla Cederna. In caso outsider grillino al Colle, ricordarsi che non va bene caccia al cinghiale con elicottero in tenuta presidenziale Castelporziano.

6) Sesso. Ci cascano sempre tutti. In particolare: trans; evitare di recarsi ad appuntamenti con auto di servizio. Mai fermarsi neanche a chiedere indicazioni stradali. No a party in albergo con cocaina e malori e ricoveri come in caso onorevole Cosimo Mele, già organizzatore Family Day. Evitare se possibile cocaina, anche per uso terapeutico, come già prestigiosi senatori a vita. Evitare alloggi via Gradoli (indirizzo che alla politica italiana non ha mai portato bene).

7) Sindrome Bagaglino. Racconta Umberto Pizzi che una volta calati i barbari (non ancora sognanti) della Lega a Roma nel 1994, una sera si festeggiava nel privé del Gilda il compleanno di una ragazza. «Fu tolta la torta, al suo posto misero la festeggiata e le versarono champagne in bocca. A un certo punto ho finito il rullino. “Fermi tutti”, ho detto “devo cambiare pellicola”. Ci fu un fermo immagine. Si fermarono tutti. E quando misi il nuovo rullo ripartì la bolgia». Vedi punti 6 e 8.

8) Night: non è più tempo di. Sopravvive il Gilda ma sono lontani i tempi in cui un ministro degli Esteri come Gianni De Michelis poteva pubblicare un prezioso volume come Dove andiamo a ballare questa sera, con punteggi relativi a musica, drink, ambiente (Mondadori editore, 1988, con prefazione di Gerry Scotti (deputato socialista per una legislatura). Recensione ministeriale sul Gilda: «originale e intelligente mise en scène pensata dall’architetto Puri Purini, un’unione ben consumata tra lo chic delizioso del revival e lo snobismo ammiccante della Roma rampante di fine secolo, e al tempo stesso un cocktail perfettamente riuscito tra l’euforia dei tropici e lo stile mitteleuropeo del café-bistrot».

9) Film. Rivedere L’onorevole Angelina, regia di Luigi Zampa (1947). Anna Magnani guida la rivolta delle borgate romane di Pietralata. Eletta loro rappresentante contro lo speculatore commendator Garrone, viene convinta a candidarsi alla Camera. Ma poi si rende conto di essere stata truffata dallo stesso commendator Garrone. Tornata in borgata, viene contestata e ingiuriata. Angelina dichiara di voler rifiutare d’ora in poi ogni incarico politico e torna a fare la donna di casa vicino a suo marito e alla sua famiglia.

10) Cappio. Mai in aula. Ricordare detto Pietro Nenni: «A fare a gara a fare i puri, trovi sempre uno più puro che ti epura».

 

Immagine: vista esterna del ristorante romano Fortunato al Pantheon