Attualità

I 10 momenti di marketing del 2013

Coca Cola, Nutella, Spotify e anche Barilla: le operazioni di marketing che non ci dimenticheremo per un po', spiegate.

di Michele Boroni

Anche quest’anno con la rubrichetta “Mercante in Fieri” ho provato a trattare l’argomento marketing estendendo il significato di questa brutta parola ed evidenziandone le recenti mutazioni, avvenute grazie anche al web e ai social media, che hanno totalmente annullato quelle poche certezze in mano agli arroganti manager del 7th floor (concetto di consumatore, modelli persuasivi di comunicazione, il concetto di target etc…).

L’altro obiettivo, più laterale, era quello di provare a scardinare quel luogo comune che porta a dire “è un prodotto di marketing” per intendere una cosa costruita a tavolino esclusivamente per il mercato. Alle anime belle che continuano a pensare in questo modo (quelli che parlano ancora di nicchie e di musica commerciale, per intenderci), volevo dire che, di questi tempi, pensare al mercato non è un peccato, anzi è una virtù. Come tutte le cose, ci sono solo operazioni (e prodotti e idee e servizi) fatte bene e quelle realizzate male. Proviamo allora a mettere in fila gli eventi e i fatti di marketing più rilevanti del 2013.

Si parte dalla 10, come faceva il Dj Super X.

 

10) Spotify, Deezer e la musica in streaming.

Sembrano passati due anni, ma in realtà Spotify è entrato per la prima volta in Italia a Febbraio 2013, in occasione del Festival di Sanremo. E in poco tempo ha cambiato il modo di approcciare alla musica, in positivo e in negativo, al punto che mai come quest’anno sulla rete si sono viste così tanti listoni con le migliori uscite dell’anno.

Poi nella tarda primavera è arrivato anche Deezer, un po’ più strutturato e attivo nelle operazioni di marketing, e ha fatto diventare il servizio di streaming anche un medium promozionale per anteprime ed eventi speciali.

Oggi finalmente si può parlare di web e musica senza per forza di cose inserire l’argomento pirateria (per quanto, notizia dell’ultim’ora, c’è chi come gli Iron Maiden utilizza la pirateria per stabilire dove concentrare l’attività live per ottenere profitti maggiori). Rimane ancora un grosso interrogativo sui compensi agli artisti. Gente come Thom Yorke e David Byrne, quindi non proprio i più conservatori della ballotta, si sono schierati contro, e i nuovi bestseller di Ligabue o di Beyonce non sono ancora presenti in streaming. In compenso i Led Zeppelin hanno deciso di mettere l’intera discografia su Spotify. Stiamo a vedere (continuando ad ascoltare).

 

9) Superchat

Sì, certo, c’è la crescita a due cifre dell’advertising di Facebook e pure l’ottima performance di Twitter in borsa (in sei mesi ha triplicato il suo valore). In realtà però la vera novità di quest’anno è stato il successo delle Social App Chat, partendo da WhatsApp per arrivare alle nuove WeChat, Line e SnapChat. I ragazzini ormai sono tutti lì, lontano dagli occhi indiscreti dei “grandi” e parte proprio che l’evoluzione dei social su mobile stia da quella parte lì. I cinesi di WeChat vanno giù duri anche sul mass market: dopo aver coinvolto Lionel Messi, hanno scelto come testimonial per l’Italia Belen Rodriguez , che fino a due anni fa era il volto di Tim. Per dire.

 

8) Food everywhere

Sì, mi rendo conto che parlare di cibo tra il cenone di Natale e quello di San Silvestro è un po’ banale. Però basta guardarsi intorno, accendere la tv, intercettare le conversazioni. Il cibo è dappertutto. Quest’anno poi Feltrinelli, dopo l’esperimento romano, ha deciso di aprire anche a Milano RED, 500 metri quadrati equamente ripartiti tra libreria e ristorante, dove lo spazio e le risorse riservate alla ristorazione sono più di quelle dedicate al reparto libreria. Poi c’è invece Eataly che sta compiendo il percorso opposto, ovvero riempire il cibo di contenuti altri, ma di questo ne parliamo un’altra volta.

 

7) Dichiarazione di Barilla

A proposito di cibo. Tra i momenti di marketing voglio inserire anche un momento inadeguato di marketing, non tanto sul contenuto quanto sulle modalità. Guido Barilla a fine settembre rilasciò un’intervista a La Zanzara senza aver un piano preciso (primo errore). Ha detto delle cose esprimendo opinioni personali (cosa più che lecita), sovrapponendole a strategia di marca. Il vespaio di reazioni che provocò e il muro di scudi che si levò, spesso fuori misura, lo portò quasi dalla parte della ragione (dinamica che Silvio Berlusconi conosce benissimo). Ma il vero autogol arrivò con le reazioni dell’azienda, che cercò di separare le parole del presidente Guido Barilla dal punto di vista del brand Barilla. In pratica, il rimedio è peggiore del male. Oggi tutti noi viviamo le aziende e i brand come se fossero delle persone fisiche, a volte come se fossero delle idee, quindi tenere distinti valori delle persone a capo dell’aziende non ha molto senso, pena la perdita di credibilità, valore che l’azienda deve guadagnarsi. Magari questa volta Barilla l’ha scampata, e non ha avuto nessuna ripercussione sul mercato (anche perché il tema della famiglia tradizionale è comunque sentito in un paese cattolico come l’Italia, meno all’estero), ma il segnale c’è stato.

 

6) Selfieting

Lo sappiamo, Selfie è stata dichiarata parola dell’anno dall’Oxford Dictionary, e ormai siamo circondati da quelle che un tempo chiamavamo autoscatto (intanto segnalo questa bella infografica). C’è chi analizza tale pratica vanesia e superficiale, ma fondamentalmente innocua, con la giusta dose di approfondimento e autoironia (Sherry Turkle sul New York Times) e chi invece la affossa con insopportabile boria intellettuale (Massimo Recalcati domenica su Repubblica). E c’è chi approfitta furbescamente del fenomeno, facendolo diventare un valore promozionale (la campagna “Pay with a Selfie” promossa dal retailer sudafricano Urban Degree), un’idea creativa per una campagna con testimonial milionari (Messi e Bryant per Turkish Airlines) e perfino una campagna “Don’t Self and Drive” (Toyota).

 

5)Strategie originali per lanci discografici

In un mercato discografico con il fiato corto, si è capito che il modo per essere rilevanti – nelle conversazioni come sui mercati; del resto, si sa, “i mercati sono conversazioni” – è implementare creative strategie di lancio che sorprendono e fanno parlare. Sull’operazione “Random Access Memories” dei Daft Punk ho già scritto qui, poi c’è Jay Z che ha concesso in anteprima esclusiva il disco ai possessori dei Samsung Galaxy. C’è invece chi ha giocato astutamente sull’effetto sorpresa. Primo fra tutti, David Bowie, dato per moribondo fino a pochi minuti prima del lancio in rete del primo singolo “Where are we now?” e, last but not least, la divina Beyonce che con il suo album visuale eponimo uscito senza alcun preavviso è riuscita a vendere circa 700000 copie digitali su iTunes in tre giorni, che di questi tempi non è affatto male.

 

4) House of Cards

La serie House of Cards è un po’ il simbolo archetipico della trasformazione in atto nel mondo dell’home entertainment. La prima serie tv non trasmessa da una tv e premiata come migliore serie tv dell’anno. La serie interpretata da Kevin Spacey, come ben sapete, è stata interamente prodotta e distribuita da Netflix, la società leader del noleggio home video e che nel 2014 pare proprio arriverà anche in Italia. Guardate il keynote dello stesso Spacey all’Edinburgh Television Festival dove, in poche parole, sintetizza perfettamente la sfida che i network tv devono affrontare nel prossimo futuro per non fare la fine delle case discografiche.

 

3) Royal Baby

Un po’ di cronaca rosa non guasta mai, e la notizia di una nascita reale fa rincitrullire sempre un po’ tutti. Con il social poi ogni cosa è amplificata e ramificata. Nella lunga attesa sono stati creati da canali ufficiali come E! Online o CSB dei siti ad hoc che fornivano in tempo reale notizie e aggiornamenti (come RoyalBayWatch.com). Sempre durante l’attesa, la nascita del futuro erede inglese è diventata un’opportunità di business per molti: il marketplace di oggetti fatti a mano Etsy si è infatti riempito di corredini e accessori per tutti i futuri nascituri. Infine, il giorno della nascita di Prince Charlie è stata l’occasione per molti brand di fare newsjacking, come ho scritto abbondantemente qui.

 

2) La personalizzazione di massa

Sì, stiamo parlando delle campagna CocaCola e di Nutella. Meglio e più completa la prima (se ne parlò diffusamente qui) rispetto alla seconda. Ma il tema rimane lo stesso: condivisione, le persone come medium promozionali, logica del tag, gran forza del mainstream. E su tutte l’individualismo scellerato di questi tempi, sovralimentato dai messaggi pubblicitari e dalla retorica da reality e talent show, tutto autostima e selfie.

Ah, nel mondo le vendite di Coca-Cola, già altissime, dopo l’operazione “Share a Coke” sono aumentate mediamente del 7% sul target a cui era rivolta.

 

1) Papa Francesco

La Chiesa cattolica ha dentro il proprio dna le regole del marketing, come raccontò perfettamente Bruno Ballardini nel suo Gesù lava più bianco. Quest’anno però ha dimostrato anche grandi capacità di crisis management. In un momento di grande difficoltà e perdita di fiducia, con lo scandalo pedofilia e le prime dimissioni di un Papa, il Vaticano ha reagito con l’elezione di Jorge Mario Bergoglio, che ha inanellato una serie di mosse di comunicazione (linguaggio semplice, vicinanza alla gente), atteggiamenti (assoluta sobrietà) e mission (Chiesa povera) che ha posto in secondo piano le problematiche pregresse. I fedeli hanno fatto il resto.

L’ultima notizia è che il Vaticano ha chiesto una consulenza sulla propria comunicazione alla McKinsey, multinazionale che negli ultimi tempi non ha certo brillato di soluzioni efficaci.

 

Nell’immagine, le prime pagine dei quotidiani inglesi il 24 luglio 2013. Getty Images