Attualità

The Avengers

Le similitudini tra Capitan America e Chuck Testa, la sfida di accontentare dodici pubblici diversi

di Violetta Bellocchio

Quando ho parlato di Captain America: il primo Vendicatore con un amico fumettista, lui ne ha approfittato per dirmi quanto gli facesse schifo l’obbligo dell’alleggerimento comico nei racconti “per tutti”: la pratica per cui si cacciano battutine e momenti allegri – le famigerate faccette – anche là dove non ci sarebbe niente da ridere. (Io davo la colpa agli anni ’80, lui allo strapotere Disney / Pixar.) Il risultato è uno solo: infantilizzare il pubblico, rassicurarlo che sì, questa è roba da ridere, e niente potrà andare troppo male per troppo tempo.

Io cercavo un confronto sulla parola nooope.

In casuale e bellissima sincronia con Chuck Testa, «nooope» è il motto di Captain America: una battuta sistemata in due passaggi-chiave del film, all’inizio e alla fine, a mo’ di segnalibro («You never give up, do you?» «Nooope»), perfettamente coerente con la linea del personaggio. Steve Rogers è un ragazzo ordinario, ma coraggioso e molto zelante, per cui la trasformazione in super-soldato crea più problemi di quanti ne risolva. La classica narrativa dello «stai attento a quello che desideri, perché potresti ottenerlo», ben servita da un eroe che brilla per la propria testardaggine, e quindi prima e dopo la cura tende sempre a dire «no».

Questo però voi non potete saperlo. Come la pubblicità di Chuck Testa nasceva all’interno di un disegno più ampio, così Captain America – estate 2011 – è un film che deve la propria esistenza a un altro progetto ambizioso – The Avengers, primavera 2012, che ne riprende il protagonista – ed è stato visto in massima parte da chi voleva arrivare preparato al 2012. (E da un po’ di spettatori casuali e famiglie con bambini, ma il succo è quello.) The Avengers è la foto di classe dove ci sono tutti, il punto d’arrivo a cui tendono cinque/sei fili partiti nel 2008, snodati attraverso storie ambiziose, film di enorme successo quasi tutti più che rispettabili, ciascuno con un eroe ben definito. C’è poco da mettere bocca su cosa fossero questi personaggi alla nascita e cosa siano stati nella continuity dei rispettivi fumetti. Il movie-canon è una bestia feroce, ormai ha una coerenza interna sua. Se mai, c’è da seguire quello.

Bene, complimenti per essere arrivati fino a qui. Adesso ci divertiamo.

The Avengers è il punto dove confluiscono e devono essere riprese: una narrativa Stai Attento a Quello che Desideri (Captain America); due diverse narrative Uomo Immaturo diventa Responsabile (Tony Stark, che continua a essere resettato per farlo diventare responsabile di nuovo, e Thor, che rielabora in «Dio con scarso controllo della rabbia diventa un Dio migliore e più realizzato»); una narrativa Uomo Normale gestisce la Bestia dentro di Lui (Bruce Banner, e questo è il terzo Hulk in tre film dedicati a lui, e di questo parliamo quando sussurriamo edward norton rovina tutto); in più c’è una narrativa Uomo Cattivo con Ideali derivanti dall’essere Impazzito Di Fronte Alla Rivelazione (Loki, transfuga anche lui da Thor), e in più ci sono due altri personaggi già presentati ma per ora senza una linea chiara (Natasha Romanov / Black Widow , Clint Barton / Hawkeye), che permettono di essere fatti quasi da zero, ma dovranno avere una caratterizzazione, un movente, un cuore.

Per mantenere tutte le promesse fatte a dodici tipi di pubblico diversi e risultare anche solo vagamente coerente, Avengers dovrà avere una durata minima di otto ore.

Parentesi. Mentre l’alleggerimento comico entrava nella vostra vita e la guastava senza pietà, «uomo immaturo diventa responsabile» diventava la linea narrativa di default per le storie tratte da fumetti: pare che Green HornetGreen Lantern fossero entrambi così. (E no, «fare meno cazzate di prima» non è un sinonimo di «grandi poteri uguale grandi responsabilità».) Ma lasciamo stare. La linea di Tony Stark viene resettata a ogni film perché se lui smette di fare cazzate si compromette il legame vita/schermo personaggio/spettatore (scusate, volevo dire: perché altrimeti la metafora del recupero in 12 passi sfugge a quelli seduti in fondo alla sala), la linea di Steve risentirà del suo essersi appena svegliato settant’anni nel futuro e chiunque lui conoscesse è morto scannato: trionfa la sfiducia, non è più aria di nooope.

Ecco la ragione per cui è stato messo Joss Whedon a supervisionare tutto. Senza di lui, è difficile dare ordinetempo a un tale groviglio emotivo.

Whedon di solito non scrive “in più”: ha lavorato per il cinema ma è nato e prosperato in TV, dove non puoi allungare un episodio a tuo piacimento. Nonostante ciò, nel suo primo e fin qui unico film da regista, Serenity, usava il tempo a disposizione – due ore pulite – per far fare due cose assurdeincredibili al breakout character dell’insieme, il fenomeno paranormale River Tam. Però che quel personaggio avesse i connotati giusti per fare cose assurde e incredibili era stato anticipato nella serie TV che il film riprendeva e proseguiva, Firefly. Stava in un certo senso nei patti. La mitologia era ricca, e l’unico dovere da parte del suo creatore era capire cosa potesse funzionare anche nel nuovo contesto. E fu così che River Tam distrusse un bar a mani nude, ultimando la sua trasformazione da personaggio a meme. (Sul serio, di quanti meme dovrebbe tenere conto The Avengers, se dovesse riprendere anche quelli? La scena di Thor che butta per terra la tazza di caffé era stata girata a uno scopo diverso dal diventare un pezzetto fuori contesto?)

Soprattutto, Whedon è uno che ha reso la Brutta Fine una missione personale. Uno che ha sempre ammazzato gli eroi senza complimenti, e che usa il registro brillante e la comicità per far scattare controtempi crudeli. Mentre l’unico trailer lungo di The Avengers (attenzione: i registi non montano mai i trailer) si sente in dovere di a. rassicurare il pubblico infilandoci dentro due battutine di Tony Stark e un primo piano di Thor che se la ride (vi voglio bene a tutti e due, ma il vostro è un gioco pericoloso. E Thor, per la miseria, tu sei DIO); b. chiarire che la linea affettiva portante, in termini di confronto umano, tocca a Steve e Tony, impegnati nella versione 18 / b del meet cute da commedia romantica, il prima litigano poi capiscono che non siamo così diversi tu e io e fanno la pace; c. non far capire niente di tutto il resto, ma dosare i primi piani col contagocce perché nessuno si senta escluso. A questo punto, se The Avengers avrà una forma, qualsiasi forma, sarà già una vittoria.