Attualità

End Revenge Porn

Quando le ragazze si ribellano e ci mettono la faccia contro chi le ha trasformate, contro la loro volontà, in donne pubbliche.

di Violetta Bellocchio

Qualcuno sostiene che do “il massimo”, qui dentro, quando sono molto arrabbiata, quando parlo di un oggetto che mi fa schifo, quando apro troppe parentesi personali o quando combino le tre cose, a formare un robot semovente che chiamerò Odio-Disgusto-Imbarazzo. Non mi sembra una prospettiva desiderabile. Sarebbe più giusto accentuare il positivo, in linea di massima, e mi piacerebbe prevenire se non scongiurare il mio decesso per aneurisma. La normalità, insomma.

Detto ciò, oggi rischio di fare felice Qualcuno.

C’era una volta un portale che si chiamava Texxxan, si rivolgeva ai maschi del Texas, e li invitava a condividere le foto delle loro ex mogli e fidanzate nude. A volte le signore si erano scattate quelle foto dietro precisa richiesta, a volte per iniziativa personale. Non importa. Gli utenti buttavano online le immagini, ci aggiungevano nomi, cognomi e indirizzi delle donne ignare, dopo di che attendevano che fossero gli altri a fare il lavoro sporco. Insulti, cori di «troia, troia», profili Facebook sconciati per giorni. La classica porno-vendetta per interposta persona.

Ora al posto di Texxxan trovate una pagina bianca. Forse il contenuto è stato congelato, in attesa di tempi più sereni; forse sta tutto nascosto dietro un paywall. C’è comunque in ballo un’azione legale, di cui si può leggere il testo online: parecchie donne che si sono ritrovate sul sito gli hanno fatto causa, in gruppo, e chiedono un’assunzione di responsabilità anche da parte della compagnia di hosting Go Daddy.

Il documento si apre con i nomi di 17 tra le donne coinvolte.

Non era mai successo. Non così, almeno. In casi precedenti, le parti lese avevano provato ad arrivare in tribunale chiedendo di restare anonime. Stavolta, invece, la class action arriva insieme alla campagna End Revenge Porn, che offre le video-testimonianze di due delle protagoniste, Hollie Toups e Marianna Taschinger. Loro raccontano i lati concreti del danno subito, molto al di là dell’umiliazione, o della consapevolezza di essere andate con un cialtrone rabbioso tot anni prima: tra le loro ragioni per diventare il doppio “volto ufficiale” del revenge porn c’è l’essere state riconosciute per la strada, l’essere state sbirciate dai colleghi, dai compaesani. Una terza partecipante all’azione legale, Kelly Hinson, per ora ha parlato solo in una breve intervista: lei è stata abbordata al supermercato della sua città da un uomo che le ha detto, «tu sei Kelly, vero? Ti ho vista su quel sito, ho scaricato le tue foto e le tengo nel mio computer». (Questa sarebbe da pubblicare col bollino “tutto vero”.) Parentesi: Hinson è incinta, e il fatto non era stato diffuso subito, insieme alle sue foto, ma qualcuno tra i commentatori anonimi l’ha aggiunto alla pagina dedicata a lei, e poi gli altri hanno ritenuto opportuno invitarla ad “abortire con un appendi-abiti arrugginito” (sic).

Quanto segue immaginatelo letto da me che fumo un numero tragico di sigarette mentre scuoto la testa e ripeto, mi piace la pornografia, ma sono stanca di difenderla, e poi questa non è pornografia, è tentato omicidio tramite social network, e comunque James Deen non le fa mica certe robe, lui… lui è una bravissima persona.

L’anno scorso al centro delle polemiche c’era un sito meno dannoso di Texxxan e derivati, Is Anyone Up?. L’impresa era moralmente sudicia, ma a disturbarmi davvero, allora, era la superficialità con cui la questione veniva affrontata dalla stampa italiana (articoli scopiazzati dal Wired di turno e farciti di errori) e il paternalismo con cui venivano trattate le “ragazze leggere” finite loro malgrado sul sito. Nel frattempo, Is Anyone Up? ha chiuso, con un presunto e momentaneo stracciamento di vesti da parte del fondatore Hunter Moore, che sembrava più interessato a sfruttare la sua immagine di ragazzo festaiolo; al suo posto è spuntato un clone esplicito sin dal nome – Is Anybody Down? – e il fenomeno sta benissimo. Anzi, si sta evolvendo.

Tanto per cominciare, Texxxan favoriva la localizzazione estrema: non solo tutte le donne erano citate per nome, non solo veniva detto dove abitavano (e spesso quale lavoro facevano), ma il sito era organizzato e diviso per distretti. Un invito non scritto a controllare se lì dentro c’era anche la tua vicina di pianerottolo. In più: se Is Anyone Up? pubblicava abbondanti foto maschili, ed era, quindi, un’arma impropria a disposizione di chiunque, i suoi eredi puntano tutto sulla Punizione della Femmina. E ancora: sono nati servizi come Takedown Hammer, pubblicizzato in modo esplicito su Is Anybody Down?, che promette di far rimuovere le foto da quello e altri siti simili in cambio di 250 dollari, e vanta “il 100% dei successi”.

Lasciamo stare il sospetto avanzato da avvocati veri, secondo cui dietro tali servizi non c’è nessuno studio legale, ma i responsabili dei portali stessi, che aumentano i guadagni facendo pagare le vittime. (Quindi, siamo passati da diffusione non autorizzata di immagini personali a… estorsione? Ricatto? Un po’ di tutti e due?)

Far sparire le foto da un singolo sito non significa averle fatte sparire, punto: il minuto in cui quelle foto vanno su, puoi essere ragionevolmente sicura che sono state salvate da qualcuno, e che l’autoscatto cacciato da Texxxan tornerà su You Got PostedPink Meth. Tanto, alla fine, è colpa tua. Ti sei tolta le mutande? Mai? Sei stata ingenua.

E’ un balzo cognitivo mica da ridere – per ambosessi, tra l’altro – assimilare la vittima di un reato o una truffa all’aggettivo “ingenuo”. Ne parlavo qui settimana scorsa, a proposito di Catfish: The TV Show. Funziona così: ti hanno clonato la carta di credito? Ti hanno rubato dei soldi? Ti hanno imbrogliato con un falso profilo su Facebook? Risposta standard: «è colpa tua! Quanto sei stato/a ingenuo/a!» E se 100.000 estranei guardano le tue foto private? Stessa risposta, con una morale di contorno che si riassume in «se non volevi finire nuda su Internet non dovevi accontentare il tuo ragazzo dieci anni fa, quindi peggio per te, e tra parentesi sappiamo dove abiti». (Variante: invocare la libertà di espressione.)

L’unico contro-argomento che potrebbe fare breccia nei cuori più tenaci l’ho trovato su un forum collegato (credo alla lontana) ad Anonymous. Eccolo: «[…] di questo passo le nostre ragazze non ci manderanno più foto sexy, perché avranno tutte paura di finire online, e noi saremo tutti più tristi». Beh, è vero. Altra conseguenza cognitiva: non c’è mai voluto tanto poco per essere considerato proprietario/a di un rudimentale senso del Bene e del Male.

Torniamo al caso specifico, sì.

La fortuna di operazioni come Texxxan potrebbe essere l’altro lato del boom dell’immagine non ufficiale, per cui ogni fotografia o intervista concordata “non dice mai la verità”, e organi di informazione-intrattenimento come TMZ pagano mucchi di soldi per avere accesso costante ai momenti privati, qualunque essi siano: dalle chiappe di Scarlett Johannson alla crisi psicotica del fondatore di Invisible Children, tutto è materiale notiziabile e scandaloso allo stesso modo. Applichiamo il discorso alla carne, ne esce una visione globale del sesso come qualcosa di truce, punitivo, di cui qualcuno deve vergognarsi, per forza. Allora la logica della campagna End Revenge Porn, si baserà su un semplice rovesciamento di prospettiva. Chi fa di te una donna pubblica, contro la tua volontà, vuole farti restare muta dall’imbarazzo, o farti scomparire; se tu ci metti la faccia, e spieghi com’è andata, controlli in qualche misura quello che si dice e si vede di te. O almeno ci speri.

Forse Hollie Toups e Marianna Taschinger sono diventate i volti della campagna perché erano più pronte a parlare; e forse perché sono due buone vittime per eccellenza. Conducono vite ordinarie, non hanno precedenti penali; non hanno un passato o un presente nell’industria del sesso, e non svolgono professioni connotate dalla “voglia di apparire” con cui alcuni giustificano i reati contro le donne. (Vedi alla voce slut-shaming.) Non piangono mentre raccontano la loro storia, ma non usano parole troppo difficili. No, queste sono davvero le vicine di casa di chiunque. Toups lavora in una scuola del suo comune, Taschinger fa l’università, e andava al liceo quando si è fotografata su richiesta del fidanzato di allora. Se viene fuori che in quelle immagini era minorenne, Taschinger rappresenta la migliore speranza della class action al completo. Ma a parte quello? Se è capitato a loro, a due brave ragazze senza grilli per la testa, potrebbe capitare a te. Magari ti sta già capitando.