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Elezioni on the road

Dal Nevada al Colorado, passando per l'endorsement di Trump e gli screzi nel team di Romney

di Andrea Marinelli

Denver – Andando da Las Vegas verso Denver si incontrano per ore solo aridi deserti e canyon scavati dal vento e dal tempo. Fra Nevada e Colorado c’è lo Utah, la terra promessa di Brigham Young e della chiesa mormone, Stato dove il 60% della popolazione è fedele alla Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni. Proprio ai mormoni Mitt Romney deve buona parte della sua schiacciante vittoria in Nevada, dove sabato si è imposto con quasi il 50% dei voti, contro il 21% di Gingrich.
L’ex governatore del Massachusetts ha cavalcato i problemi economici dello Stato, dalla crisi immobiliare alla disoccupazione stratosferica, ma è stata la fede religiosa uno dei fattori determinanti per la sua affermazione, mai in discussione negli ultimi giorni. “Qua i mormoni contano parecchio”, racconta Mike, giovane membro del partito repubblicano del Nevada e fedele amico di Sharron Angle, l’insegnante che sfruttando il vento dei Tea Party andò vicina due anni fa a interrompere il regno del leader di maggioranza al Senato, il mormone Harry Reid. “Il vero motivo per cui Sharron ha perso è perché era protestante e i mormoni non potevano tollerarlo. Io ero sul palco con lei quel giorno”, ricorda. “La loro alleanza è con i cattolici, si sentono in qualche modo più vicini. Qui c’è una forte influenza religiosa in politica. Io sono con Gingrich, è quello che più si avvicina alla mia idea di candidato conservatore, ma qua il partito di cui faccio parte ha fatto di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote, compreso spostare il caucus al sabato prima del super bowl, quando nessuno sarebbe potuto andare a votare”.
Effettivamente fra i sostenitori di Romney al Red Rock Casinò, la sera delle festa, sono molti i seguaci del profeta Joseph Smith. Secondo Jeff, un cinquantenne di Las Vegas, l’ex governatore del Massachusetts “è un uomo integro”, onesto. “Essere mormoni vuol dire avere dei valori”, spiega. Anche Ralph, robusto signore di settant’anni, è dello stesso avviso e racconta di essere stato in Inghilterra in missione per la chiesa con il fratello maggiore dell’ex governatore.

Sulla larga vittoria di Romney ha pesato anche l’endorsement di Donald Trump, ricevuto appena due giorni prima dei caucus. Eppure Newt Gingrich in Nevada poteva contare sull’appoggio di Sheldon Adelson, magnate dei casinò e ottavo uomo più ricco d’America, che ne ha finanziato tutta la campagna elettorale. Gli alberghi di Trump e Adelson sorgono a poche centinaia di metri l’uno dall’altro sulla strip di Las Vegas e si osservano minacciosi. Nella guerra degli alberghi però l’ex speaker della Camera è uscito ridimensionato, mentre Romney ha fatto un altro notevole passo verso la nomination repubblicana, acquistando sicurezza e tornando a prendere di mira il presidente Obama. Nella serata di Las Vegas il grande favorito del Gop è sembrato in ottima forma, ma nei prossimi giorni si ritroverà a fare i conti con la perdita di Brett O’Donnell, l’uomo che gli ha insegnato a essere più duro nei dibattiti e che poi è stato costretto a uscire dalla squadra in seguito a un litigio con il capo della campagna elettorale Stuart Stevens, che lo accusava di essersi preso tutti i meriti del cambio di strategia, screditando così Romney.
Con il Nevada alle spalle, conquistato senza troppi sforzi, Romney ora punta forte sul Colorado, dove si voterà martedì ed è nuovamente favorito. Sempre martedì si voterà in Minnesota, dove invece in vantaggio sembra ora essere Rick Santorum. E’ proprio nella mesa fra lo Utah e Denver che Romney sta ora cercando di raccogliere consensi utili, nei piccoli paesi attraversati dalla strada che porta alla capitale del Colorado. Una strada che taglia prima il deserto e poi si infila in una serie di gole fra le montagne. Tutto intorno ci sono solo arbusti che salendo verso le montagne rocciose si trasformano in alberi rigogliosi. Si incontrano solo piccoli villaggi di poche centinaia di persone, qualche pompa di benzina, fienili, granai e polvere. E’ una distesa secca di terra rossa e gialla, con la ferrovia che scorre in mezzo alla pianura o sulla costa della montagna. Ogni tanto compare il fiume Colorado e la vegetazione assume un colore più verde, più vivo, con ponti di ferro e balle di fieno. Qualche piccolo negozio vende hot dog self service e tabacco da mastico, prima che dai ranch si passi a una distesa di neve e baite sperdute sui monti. E’ il grande west. Poi, all’improvviso, dopo una curva si vedono le luci dei grattacieli di Denver.
Qua Romney cercherà di aggiungere un altro importante risultato a quelli degli ultimi giorni.