Attualità

DOPO TRENT’ANNI, UNO

Mitologia dell’auto che segnò il rilancio Fiat nel mondo, con una presentazione americana piena di promesse, mentre fuori suonava Vamos a la Playa.

di Michele Masneri

Marchionne accelera – come si dice – sugli Usa, per arrivare alla famosa fusione con Chrysler, e nel frattempo si avvicina il tempo di anniversari importanti. Non solo i 10 anni della morte dell’Avvocato ma anche i 30 del lancio molto americano di un modello Fiat che ha fatto la storia. Trent’anni fa veniva presentata infatti a Orlando, Florida, la Uno. Correva l’anno 1983, in Italia era all’opera il primo governo socialista di Bettino Craxi. Vamos a la Playa era terza in classifica. Umberto Agnelli – l’uomo che ha scoperto Marchionne – prendeva un progetto Lancia e lo trasformava  – si chiamava Lancia Uno, era il prototipo di una piccola vettura di lusso voluta dal responsabile Lancia Gian Mario Rossignolo, ma poi diventò Fiat, e fu un successo senza precedenti che permise a Torino un rilancio che si pensava (allora) definitivo.

«La vettura italiana per gli anni Ottanta è stata presentata ufficialmente questa mattina al Quirinale al capo dello Stato dal presidente della Fiat Avvocato Agnelli», dice un Tg1 d’epoca, con ancora voce impostata da Istituto Luce. Qui un Avvocato al suo meglio, dioppiopetto e cravatta di lana, tutto sui toni del grigio, con faccia particolarmente sorniona e sorcio-in-bocca, gesticolava felice verso un futuro pieno di promesse.

La Uno nasce «in collaborazione del centro stile torinese con uno dei più rinomati designers italiani dell’automobile cioè Giorgetto Giugiaro» – sempre il voice over, che recita come in una settimana Incom: «Oltre al capo dello Stato erano presenti il ministro Pandolfi, l’amministratore delegato Cesare Romiti e l’Ingegner Ghidella»  – mentre l’inclinazione del busto del giornalista  si accentua contro ogni protocollo al momento di passare il microfono da Pertini ad Agnelli.

Ghidella, uomo di genio e di prodotto, era nel pieno della sua lotta con Romiti, che lo butterà fuori nonostante l’invenzione non solo della Uno ma anche della Thema-Croma-164. Credeva nell’auto, e credeva che vi andassero investiti molti denari. Mille miliardi di lire per il progetto Uno, e un lancio anche qui esagerato, che oggi sembra malinconico come uno 007 dell’epoca. Presentazione a Orlando, Florida, con i filmati d’epoca che dicono proprio Florìda; accanto alla stazione di lancio di Cape Canaveral, dove avrebbe dovuto essere sparato in concomitanza un Challenger che però slittò per motivi tecnici. L’evento (ma non si diceva ancora così), al salone delle feste dell’Holiday Inn di Orlando – meta di pellegrinaggi dei primi italiani al Walt Disney World e a Epcot center «dove la gente di oggi può assaporare quella che sarà la civiltà di domani», sempre Rai, non aveva molto senso; in America la Fiat era pur sempre sinonimo e acronimo di Fix it again, tony! e non aveva mai sfondato. Però l’effetto pubblicitario fu clamoroso, e coincise con una massiccia campagna tutta affidata a Forattini – È comodosa. È scattosa. È risparmiosa. È sciccosa – termini poi entrati nel lessico.

Anche tecnologicamente, la Uno fu abbastanza una rivoluzione: un motore completamente costruito dai robot – F.I.R.E – Fully integrated robotized engine -, stabilimenti flessibili in grado di adattarsi a cali e aumenti della domanda, un cx  – allora si parlava molto di cx – di soli 0,33. Aveva dotazioni prestigiose – vetri elettrici anteriori, chiusura centralizzata, sedile posteriore sdoppiato, fari allo iodio – e divenne il più grande successo commerciale Fiat, 3 milioni solo la prima serie, poi declinata in mille versioni di cui ancora sopravvivono in parti diversamente sviluppate del globo.

Un simbolo degli anni Ottanta in purezza fu naturalmente la Turbo i.e. da 1.300 di cilindrata, 105 cavalli e 200 km orari di velocità massima, prodotta praticamente solo nel colore rosso corsa. Imperversava fuori da balere e bar di province affluenti – con dettagli rossi anche sul volante e portellone posteriore con spoiler. Fascioni laterali, dicitura Turbo i.e. ove possibile (compreso i sedili), cerchi in lega Abarth, fari antinebbia anteriori, passaruota in plastica nera, manometro dell’olio e del turbocompressore. Era la risposta italiana a un segmento oggi quasi estinto ma allora molto profittevole – l’utilitaria burina sovralimentata, segmento presidiato allora dalla Peugeot 205 GTI, assolutamente solo bianca o nera.

La natura Lancia della Uno venne poi fuori, comunque, come un’ombra junghiana, nella versione-cugina posh, scomoda e molto elegante chiamata Autobianchi Y10. Erede-nemesi della fantozziana Bianchina, prodotto anche qui di Ghidella, la sua campagna pubblicitaria diceva semplicemente: piace alla gente che piace; con testimonial come Ottavio Missoni-Eleonora Brigliadori-Gianni Boncompagni. Poi anche Ruud Gullit per la seconda serie.

Uno e Y10 si dividevano aspirazioni di quegli anni, ma la prima rimase comunque più trasversale. In Yuppies-I giovani di successo ha una Y10 Turbo, con radiotelefono, Ezio Greggio-Willy, concessionario, mentre Jerry Calà-Lorenzo (il pubblicitario di Velatissimo-e vai fuori di gamba) guida la 4×4. In Via Montenapoleone, Renée Simonsen ha la sua brava Y10 e però Paolo Rossi bocconiano e pre-montiano con Loden, non ancora icona di sinistra, scorrazzava Sharon Gusberti sulla sua Uno grigio-fumo con radiotelefono («buonanotte amore, ti chiamo domani appena ho giocato a squash»).

Visto il successo globale vi furono diverse derivazioni più o meno infauste – dal modello Sting al Fiorino artigianale e proletario alla Duna e Duna Weekend, che una leggenda metropolitana voleva attribuita alla matita dello stesso Romiti – e poi la Innocenti Elba. Ma in alcune parti del globo la Uno è ancora venduta con successo, come le famose stelle morte che illuminano ancora; in Brasile e Argentina è ancora prodotta come Mille.

Alla presentazione quirinalizia, Sandro Pertini come al solito entusiasta diceva che «io sono contento perché è in questo modo che si onora l’Italia». Lui però aveva una Maserati Quattroporte Royale, con portapipe su misura in radica, e due radiotelefoni, uno davanti e uno dietro. Erano gli anni in cui Agnelli, subito imitato dai vari yuppies che gli avevano copiato il telefono e lo chiamavano in macchina, faceva rispondere dall’autista: «L’Avvocato è sull’altra linea».