Attualità

Detroit takeover

Da qualche tempo la Motor City in recessione ha un paio di motivi per sorridere

di Cesare Alemanni

C’è un’espressione che ricorre molto spesso a Detroit e non promette niente di buono. Quell’espressione è “Ghost Town” e suona troppo pessimista solo a chi non è mai stato in  città né si è aggirato per le sue periferie deserte, simbolo di una metropoli che decresce sotto i colpi di una recessione storica, che ha letteralmente dimezzato la popolazione cittadina nel giro di quarant’anni. Villini  residenziali fatiscenti e ruderi di vecchi complessi industriali sono all’ordine del panorama e conferiscono a certe strade un che di autenticamente post-apocalittico e decisamente opprimente. Soltanto negli ultimi 3 anni il Comune ha chiuso o messo in vendita quasi 100 edifici pubblici che in passato fungevano da scuole; semplicemente non c’erano abbastanza studenti per tenerle aperte.

In questo quadro di depressione post-industriale, soltanto fino a poche settimane fa si inseriva perfettamente anche lo sport, con le franchigie locali di baseball (i Tigers) e di basket (i Pistons) che arrancavano fuori dalla zona playoff dopo alcune stagioni ruggenti a metà anni 2000 (coronate nel 2004 da un titolo di campioni NBA dei Pistons); e quella di football (i Lions) che si era trasformata nella barzelletta della NFL stabilendo un record negativo dopo l’altro (clamoroso quello di sconfitte subite in sola una stagione, nel 2008, con 16 a fronte di 0 vittorie). Questa però era appunto la fotografia della situazione fino a qualche mese fa, quando cioè nessuno – nella città dei motori un tempo ruggenti dove la crisi dell’occupazione ha colpito con ancora più durezza che altrove – avrebbe scommesso un dollaro bucato sull’eventualità di trovarsi ad assistere a una sera d’ottobre come quella di lunedì, in cui, nel giro di poche ore,  i Tigers di baseball e i Lions di football hanno calamitato su di sé gli sguardi più che sorpresi – di sicuro ammirati – di tutta la nazione mentre si giocavano quasi in parallelo due partite fondamentali per la loro stagione: gara 2 delle finali di American League Conference (ovvero la semifinale per accedere alle World Series, cioè le finali assolute) per i Tigers e la quinta partita del campionato NFL che vedeva i Lions schierati contro i Bears di Chicago. Una partita che in anni passati avrebbe avuto un pronostico a senso unico, una partita che in anni recenti i Bears hanno vinto anche con 24 punti di scarto, una partita che però quest’anno i nuovi, giovani e adrenalinici Lions hanno dominato quasi interamente giocando  sul velluto, nel chiuso del Ford Field – la loro arena coperta da 65.000 posti, dedicata a Henry Ford – che lunedì sera, durante il Prime Time del Monday Night, traboccava di entusiasmo al punto che i giocatori in campo capivano a malapena gli schemi chiamati dai due quarterback.

Solo 12 mesi fa, quando i Lions ancora stentavano, su quelle stesse gradinate si faticava a raggiungere le 10.000 presenze. Oggi Detroit ha iniziato la stagione con 5 vittorie e nessuna sconfitta, lo stadio è sempre pieno, l’eccitazione per i Lions è a mille in tutti gli Stati Uniti (erano sulla copertina di Sports Illustrated di settimana scorsa) e nei bar non si parla d’altro che di questo miracolo che ha il volto e i muscoli di un ragazzone di origini nigeriane, il Defensive Tackle numero 90, Ndamukong Suh, 1,93 m per 139 chili di puro agonismo e cattiveria sportiva arrivato lo scorso anno dall’Università del Nebraska con la prima scelta del Draft, a cui il più famoso Sport Bar in città ha dedicato un ipercalorico hamburger. Questo figlio di Portland, Oregon è diventato il simbolo della riscossa di una squadra e di una città. Schivo, forte, potente, determinato, dedito al sacrificio ed estremamente versatile, Suh incarna le migliori qualità della working class locale e il loro desiderio di riscatto dopo le umiliazioni degli ultimi anni. E Suh non è il solo. Con lui ci sono altri due fenomeni; Calvin Johnson, il Wide Receiver alto come un giocatore di basket, veloce come un centometrista e agile come un ballerino (Espn l’altra sera mandava in onda una grafica in cui calcolava che la sua apertura di braccia, la sua elevazione e la sua distensione orizzontale gli permettono di ricevere palle in un’area pari a una casa di due piani). Soprannominato Megatron per l’assoluta e schiacciante superiorità fisica rispetto agli avversari, ha già ricevuto 9 TD in queste prime 5 partite, un record assoluto nella storia del football, e questa volta fortunatamente tutto positivo. E poi c’è Matthew Stafford, il promettente quarterback texano arrivato a Detroit con la prima scelta assoluta del 2009 ma mai in grado di incidere con continuità finora, per vai di numerosi gravi infortuni. D0po 5 partite ha già lanciato per 13 Touchdown e soltanto 5 intercetti diventando il leader dell’attacco, quello che ci si aspettava diventasse fin da quando è entrato nella Lega. Mercoledì sera l’hanno avvistato, seduto come un tifoso qualsiasi in mezzo al pubblico pagante di Gara 4 delle semifinali di baseball, quella in cui i Tigers di Detroit si giocavano il tutto per tutto contro i Texas Rangers dopo aver perso le prime due partite e aver vinto la terza (le possibilità erano due: o andare sul pareggio 2-2 o di trovarsi nei pasticci con un brutto e difficilmente ribaltabile 1-3 a sfavore). Non deve essergli costata molta fatica visto che il Ford Field, dove giocano e talora si allenano i suoi Lions, è esattamente di fronte al Comerica Park delle Tigri e in mezzo corre una sola strada, Brush Street dove era da parecchio che non si respirava un’aria così frizzante. Non deve essergli costato molto neppure abiurare le sue radici texane e tifare per Detroit tanto che all’uscita ha dichiarato: «È impossibile non farsi conquistare dalla forza di questa città e di questi tifosi».

Per la cronaca, alla fine purtroppo i Tigers hanno perso per 7 a 3 una partita mozzafiato e ricca di colpi di scena e già nella notte tra giovedì e venerdì, se dovessero perdere nuovamente, potrebbero trovarsi definitivamente eliminati.

A meno di un miracolo, ovviamente. Ma negli ultimi tempi dalle parti di Brush Street fare miracoli  pare non sia un problema.