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Cosa ci guadagna Renzi fra Berlusconi e Grillo

Le consultazioni appena terminate hanno svelato un'altra faccia dell'operazione Renzi: il rapporto con le due opposizioni e, soprattutto, coi rispettivi elettorati. Ecco quale.

di Claudio Cerasa

Roma – La conclusione delle scontate consultazioni di Matteo Renzi consegna all’osservatore un quadro a due facce. Nella prima faccia troviamo le trattative portate avanti dal segretario del Pd per arrivare (entro domani) alla stesura del piano di governo e per consegnare (entro sabato) la lista dei ministri al presidente della Repubblica, e questa faccia è quella che in molti si aspettavano: la squadra che andrà a comporre l’esecutivo guidato da Renzi deve ancora essere ritoccata e completata, molto dell’identità del governo dipenderà dal numero di persone che il segretario del Pd sarà costretto ad accettare dal precedente governo, la certificazione che il Renzi Uno sia una creatura diversa rispetto al Letta Bis vivrà nella scelta che verrà fatta per i due ministeri chiave (lo Sviluppo, l’Economia) e la grande incognita per Renzi resta sempre quella: come potrà un nuovo governo appoggiato dalla stessa maggioranza che guidava il vecchio governo essere qualcosa di più efficiente rispetto a quello che è stato il vecchio governo? La prima faccia dunque ci dice che il governo Renzi sta per partire e che nelle consultazioni del segretario del Pd con i suoi alleati non ci sono state grandi sorprese (Scelta Civica chiede un patto di coalizione subito, Alfano chiede di avere qualche ministro in più, e qualche ritocco alla legge elettorale, la minoranza del Pd chiede qualche garanzia in più sia sull’Italicum sia sul piano sul lavoro).

Ma ciò che è emerso oggi con maggiore chiarezza riguarda l’altro lato della medaglia, la seconda faccia: le consultazioni con coloro che restano fuori dal governo. Ovvero: con Silvio Berlusconi e con Beppe Grillo. Al di là della chimica (con il Cav.) o della non chimica (con il comico) scattata nei colloqui tra Berlusconi e Renzi e Grillo e Renzi, ciò che appare significativo segnalare riguarda il senso politico del rapporto cercato da Renzi (e dal suo Pd) con le due opposizioni. Con Berlusconi la questione è semplice: Silvio e Matteo si piacciono, si trovano e hanno un’intesa naturale che va al di là degli schieramenti politici. In Berlusconi, Renzi vede un leader che negli ultimi vent’anni è riuscito a conquistare in modo sorprendente una parte del paese fondamentale per governare e che è riuscito a imporre un modello di leadership che il segretario del Pd, con tutte le dovute differenze del caso, vorrebbe poter esercitare anche nel suo centrosinistra, e che è indispensabile tenere in considerazione per poter fare le varie riforme costituzionali. In Renzi, invece, Berlusconi vede non tanto un erede naturale (anche se il Cavaliere non fa altro che ripetere “ah, quanto ci vorrebbe un Renzi in Forza Italia”) quanto un leader maturato nel suo ventennio, e figlio di un nuovo modo di fare politica, di un nuovo modo di intendere il bipolarismo, di un nuovo modo di immaginare il rapporto con i piccoli partiti, di un nuovo modo di intendere l’agenda delle riforme e di un nuovo modo di rivolgersi al capo del principale partito a lui avverso (senza pregiudizi, senza tic ideologici, senza preclusioni, e insomma come se fosse un avversario e non come se fosse un nemico) che non può che piacere da matti al Cav. Se è vero che per Berlusconi andare oggi contro Renzi sarebbe come andare contro se stesso è anche vero però che Renzi, anche a costo di non essere capito da alcuni suoi elettori, sa che mostrare la propria disponibilità al dialogo con Berlusconi non significa solo rilegittimare il Caimano ma significa anche fare un’operazione speculare a quella che Renzi sta facendo con gli elettori di Grillo: aprirgli le porte del Pd e conquistare gli elettori di Berlusconi mostrando la volontà di lavorare anche con loro.

Dall’altra parte con Grillo – che Renzi avrebbe fatto ovviamente meglio a incontrare senza un altro ridicolo streaming e che Renzi avrebbe fatto bene a far uscire dalla stanza con molti democratici calci nel sedere – l’operazione è speculare ed è un’operazione che va avanti da alcuni mesi: trattare gli elettori di Grillo senza demonizzarli e dimostrare agli elettori di Grillo che il loro capo branco si comporta da comico non solo durante i suoi spettacoli ma anche nei momenti in cui avrebbe la possibilità di incidere come potrebbe sulle sorti del paese. In entrambi i casi, sia nel rapporto con gli elettori di Grillo sia nel rapporto con gli elettori di Berlusconi, il gioco di Renzi funzionerà se il governo riuscirà a combinare qualcosa e se le riforme che Renzi ha già promesso di fare nel giro di un paio d’ore (mezzoretta e ci siamo) riusciranno a essere qualcosa in più di una semplice lista della spesa. Dovesse riuscire l’operazione, l’effetto sarebbe duplice: dimostrare agli elettori di Berlusconi che Renzi può fare dal governo quello che dal governo non è riuscito a fare Berlusconi; e dimostrare agli elettori di Grillo che per aiutare il paese a correre esiste un modo migliore che salire sui tetti del Parlamento. Si dirà: ma Renzi è già in campagna elettorale? Risposta numero uno: no, considerando che sta per nascere un governo. Risposta numero due: sì, considerando che per Renzi l’unico biglietto da visita che potrà presentare alle prossime elezioni – che siano tra un mese, un anno o due anni – non è quello con su scritto “yes, we can” ma molto più banalmente “yes, we did”.

 

Foto AFP/Getty Images