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Il miglior Ceo che Apple abbia mai avuto?

Il primo trimestre del 2015 è stato da record per Apple, che è ancora lì, irraggiungibile, nonostante critiche ed enormi timori. Un elogio a Tim Cook, l'uomo che potrebbe non farci rimpiangere Steve Jobs.

di Pietro Minto

«Il trimestre migliore della storia di Apple» è una frase che ha accompagnato la storia recente dell’azienda – a partire dai primi del Duemila – per molti anni, tanto da farsi proverbio tra gli analisti di settore, secondo cui «ogni trimestre è il trimestre migliore per Apple». Negli ultimi anni però la folle corsa dei record ha incontrato alcuni ostacoli: in primis la morte del fondatore Steve Jobs nel 2011 ma anche lo scoppio del settore mobile – innescato proprio da Apple con l’iPhone – poi la concorrenza di Google con Android – che non a caso l’ultimissimo Jobs voleva punire in modo «termonucleare» per aver «copiato l’iPhone» – e infine Samsung con i suoi smartphone per ogni esigenza e tasca. In mezzo a tutto questo c’era lui, Tim Cook, l’ex chief operating officer della società, che all’improvviso ma su investitura del Fondatore si è trovato con l’infausto compito di sostituire Lui, proprio Lui.

La partenza è stata ovviamente difficile ma ecco un dato notevole: nel primo trimestre fiscale del 2015 Apple ha venduto 74,5 milioni di iPhone, un record e precisamente, il trimestre più profittevole nella storia della società. Come ai vecchi tempi. Chi l’avrebbe mai detto?

L’inizio dell’era Cook ha coinciso con la transizione del settore tecnologico verso la galassia del post-Pc e l’abbandono del focus sui computer in favore del dispositivo, parolina dietro la quale si cela un vasto sottobosco di telefoni, tavolette e orologi, un mercato sfaccettato e affollato sul quale incombono minacce (ora sgonfiatesi) come i Google Glass. Tuttavia Cook è riuscito a tenere dritta la barra dell’azienda, presentando un nuovo iPhone dal successo inedito e seducendo gli investitori con il balzo sul carro dei wearable, l’Apple Watch (che uscirà il prossimo aprile. Ci sono coni d’ombra, ovviamente, e riguardano perlopiù il sistema operativo (se avete scaricato Yosemite saprete di cosa sto parlando), la cui ultima versione è stata vessata da una serie di difetti e bug che male si addicono al marchio Apple. Oppure il brusco calo di vendite dell’iPad, gadget persosi in un limbo che il Ceo vuole colmare anche con un modello dallo schermo davvero grande, da riunione aziendale. La guerra di Cook è stata su molti fronti e continua ma è innegabile la prova di capitano data nel corso del suo mandato. Una prova tanto buona da far sorgere una domanda quasi sacrilega: e se la sua gestione fosse migliore di quella di Steve Jobs?

È un uomo-macchina che si è fatto strada trasformando idee in gadget con noiose visite dai produttori, studi sull’economia di scala e altre cose che Jobs, analfabeta d’economia e in sella a un istinto mitico, non poteva trattare.

Tra la provocazione e il risultato di un’epifania inaspettata, il quesito va limato con cura per non inorridire i fan: a Cook mancano l’istinto e il guizzo creativo del fondatore ma è comunque il miglior Ceo che Apple poteva sperare di avere nel post-Jobs. È una grande mente logistica, l’uomo che ha reso l’iPhone possibile curandone la costruzione, trasformando lo slancio creativo del fondatore in realtà tramite noiose visite dai produttori, studi sull’economia di scala, la logistica e altri grattacapi che Jobs, analfabeta d’economia e in sella a un istinto mitico, non ha mai voluto trattare. Non tutti puntavano sul successo di questo precisino ai vertici della Grande Mela: anzi tutti erano piuttosto impegnati a scorgere sintomi di un’apocalisse che a oggi è ancora lungi dall’interessare Cupertino. Volete una prova? Provate a googlare “apple is doomed” con me e fatevi due risate.

Non solo malauguri, anche problemi veri e presunti. La gestione Cook è stata accompagnata dal salmodiare allarmato e continuo che spingeva per una versione economica di iPhone o temeva di perdere il mercato cinese, tutte cose a cui l’Apple di Cook ha risposto con un 5c (che non era poi così economico e non è andato poi così male) e facendo della Cina il suo secondo mercato (per quanto il sorpasso avverrà solo quest’anno); oppure rivoluzionando il team di iOS, il sistema operativo mobile, affidandolo al duo Jony Ive e Craig Federighi. L’ultimo trionfale trimestre dovrebbe insomma rasserenare gli azionisti dell’azienda che negli ultimi due anni hanno inseguito il terribile fantasma del nuovo prodotto da lanciare nel mercato, e chiarire la situazione nello scontro tra Apple e Samsung: pare infatti – ma non è ancora ufficiale perché il colosso sudcoreano sembra non voler pubblicare i dati – che la prima abbia finalmente superato la seconda nella vendita di smartphone. Un sorpasso storico, vista la differenza di proposte tra le due società: due soli modelli costosi da una parte, un arcobaleno di possibilità dall’altra; e si considera la situazione critica di Samsung, che sta cercando di cessare la simbiosi con Google creando un proprio sistema operativo.

Quanto alla Cina e al “pericolo cinese”, i risultati parlano e sembrano rassicurare Cupertino dall’eventuale concorrenza di Xiaomi, promettente gigante cinese che molti considerando la nuova Apple ma sembra giocare su un piano del tutto diverso. E a proposito di Cook: la sua figura non è solo fatta d’efficenza e dollari, il nuovo Ceo ha anche uno spessore umano e politico che ha ben dimostrato d’avere con il coming out dello scorso anno: «Sono fiero di essere gay» ha scritto su Bloomberg ricordando che «una persona non viene definita dalla sua sessualità, razza o genere». Una mossa mai semplice, anche e forse soprattutto per il dirigente della società più nota del mondo. Cook ha quindi dimostrato di poter essere anche un personaggio pubblico e avere un peso sociale, ha cominciato a mostrare quell’animo umano tenuto sotto il caschetto Lego grigio e gli occhialini da secchione. Nell’ultimo grande keynote di Apple, quello in cui ha presentato Apple Watch, lo si è visto più sicuro e sorridente, più padrone del palco.

Pacato e preciso, potente ma più tiepido del suo predecessore, omosessuale (finalmente) dichiarato e con un trimestre da urlo alle spalle, il Ceo si prepara a portare sul mercato l’Apple Watch di cui ancora non si sa molto. I problemi persistono, certo: il nuovo OS e il crollo di vendite dell’iPad tra tutti, ma sono fenomeni risolvibili o di sistema. La ricetta di Tim Cook deve rimanere la stessa di questi anni anni: poche cose ma fatte bene. Che se ci si pensa bene è la lezione di Steve Jobs, di cui Cook è stato allievo. Un ottimo allievo, pare.

Immagine: Tim Cook mostra il nuovo iPhone 6 (Justin Sullivan / Getty)