Attualità

Chronicle e i film Found Footage / 2

Il genere cinematografico "finto amatoriale": da Paranormal Activity al recente Chronicle

di Federico Bernocchi

Seconda e ultima puntata di un mini-reportage nella storia e fortuna dei film “found footage”, ovvero “videocassetta ritrovata”, ovvero quelle pellicole che si presentano come amatoriali senza esserlo. Qualche titolo? Cloverfield, The Blair Witch Project, Paranormal Activity. Trovate la prima puntata qui.

L’uscita nelle nostre sale del film Chronicle, ci ha dato l’opportunità di fare il punto della situazione sul genere che chiamiamo per comodità found footage. La settimana scorsa ci siamo lasciati proprio sul più bello con l’uscita di [REC], il film spagnolo firmato da Jaume Balaguerò e Paco Plaza e il suo rifacimento americano Quarantine. Il successo di questa operazione fa crescere l’interesse attorno al genere e il primo a cogliere la palla al balzo è il furbissimo J.J. Abrams che produce il notevole Cloverfield. La pellicola diretta da Matt Reeves ha tutte le carte in regola per poter essere considerato un nuovo punto di riferimento del genere. In primo luogo viene rispettata la regola del ritrovamento: a inizio film infatti una didascalia ci informa che stiamo per vedere delle riprese amatoriali di proprietà dell’esercito statunitense. In secondo luogo la scelta di realizzare il film interamente con riprese amatoriali ha una sua giustificazione: un mostro invade New York e dei giovani ragazzi riprendono tutto quello che accade. Sono passati già sette anni dalla tragedia del 9/11 e le immagini amatoriali che ci hanno raccontato quell’orribile giorno hanno fatto il giro del mondo, rimanendo indelebilmente nei nostri occhi. Reeves riesce nella difficile impresa di utilizzare stilisticamente uno stile con cui abbiamo imparato sfortunatamente a fare i conti nell’ultimo periodo e a utilizzarlo in ambito fiction. Altro dato importante è la commistione tra riprese amatoriali e effetti speciali digitali. Se fino ad ora il found footage è stato utilizzato per sopperire in prima battuta a budget non particolarmente ricchi, qui si realizza il primo kolossal found footage. Certo, il budget è ovviamente molto più “modesto” se paragonato a quello dei classici Monster Movie, ma il risultato parla da solo. Ultima particolarità del film, si rispetta anche la chiusa del genere. Chi ha la camera in mano, alla fine del film, muore. La camera cade dunque al suolo e continua a riprendere il vuoto. Succedeva in Cannibal Holocaust, in The Blair Witch Project e anche nella piccola sequenza conclusive posta dopo i titoli di coda del discusso remake firmato da Zack Snyder di The Dawn of the Dead del grande George A. Romero. Come dicevamo,Cloverfield, grazie anche al surplus di coolness garantito dal nome di J.J. Abrams, riesce a rilanciare definitivamente il found footage che diventa nel 2008 un micro genere a parte. E poi compare il nome di Oren Peli.

Oren Peli è un regista, sceneggiatore e produttore israeliano. Trasferitosi negli Stati Uniti, esordisce nel 2007 con un piccolo film realizzato con soli 15,000 dollari. Il film in questione è Paranormal Activity che ad oggi ha guadagnato 194 milioni di dollari in tutto il mondo. La storia è questa: Katie e Micah cambiano casa. Lui riprende tutto quello che riesce e noi vediamo il film proprio grazie alle sue riprese amatoriali. Sfortuna vuole che i due comincino a sospettare che la casa sia infestata, visto che si sentono scricchiolii e rumorini di ogni sorta. Per capire cosa accade veramente nottetempo, Micah decide di riprendersi mentre dorme con la sua dolce metà. Ciò significa che ci sono intere sequenze, a camera fissa, di due che dormono in un letto. Non proprio il massimo del dinamismo, sono d’accordo, ma la fortuna di Paranormal Activity sta nella sua notevole capacità di costruire lentamente la tensione. Il modello di riferimento di Peli è proprio The Blair Witch Project, dove non accadeva nulla di nulla se non negli ultimi dieci minuti di film. Anche in questo caso si passa la maggior parte del tempo ad osservare il niente (qui, una porta che si chiude da sola, equivale a una brusca accelerata del ritmo), per poi far crollare tutto nell’intenso finale. Il film di Peli fa il giro dei festival di genere, ma nessuno sembra essere interessato a distribuirlo nelle sale. Poi, magicamente, il film finisce nel lettore DVD di Steven Spielberg. Il regista di E.T. si spaventa evidentemente molto e, intuito il business, si spende in prima persona per far riuscire Paranormal Activity in tutto il mondo, con un battage pubblicitario gigantesco. A due anni di distanza dalla sua realizzazione,Paranormal Activity riesce in sala e diventata il fenomeno mondiale che oggi noi conosciamo. Oren Peli e il suo filmetto diventa in men che non si dica un nuovo maestro dell’horror e comincia a produrre seguiti e prequel del suo film. Mentre è impegnato nelle riprese del suo secondo lungometraggio Area 51 (altro found footage di carattere sci-fi) escono Paranormal Activity 2Paranormal Activity 3 e anche un seguito apocrifo nipponico: Paranormal Activity – Tokyo Night. Peli riesce a portare il found footage in televisione: la ABC manda in onda infatti The River, una serie in otto episodi che racconta la storia di una squadra di ricercatori che si mette sulle tracce di un documentarista scomparso nella giungla. Le cose, inutile dirlo, prenderanno presto una china non proprio rassicurante, tra presenza fantasmatiche e misteri di varia sorta.

Nel frattempo anche in Europa si continua a sfruttare il filone. Mentre la Spagna ha fatto uscire [REC]2 e ha già messo in cantiere ben due seguiti, [REC]3: Genesis[REC]4: Apocalypse, la Norvegia colpisce nel segno con il pregevole Troll Hunter. Questa volta si utilizza il found footage per raccontare la storia di una piccola troupe di documentaristi che si imbatte in un tristissimo uomo che risponde al nome di Hans. Il personaggio in questione è un cacciatore di Troll. Il suo compito è quello di eliminare questi orribili esseri dal territorio norvegese e di tenere la popolazione all’oscuro di tutto. Una sorta di Man in Black con licenza di uccidere. Troll Hunter rispetta tutte le regole da noi fino a qui elencate e ha dalla sua la fortuna di essere particolarmente fantasioso e divertente. Il film norvegese ha inoltre l’enorme pregio di riportare il genere agli esordi: Troll Hunter è un piccolo prodotto girato evidentemente in economia che sfrutta la semplicità della sua realizzazione per sopperire alla mancanza di un budget notevole. Le tecnologie odierne permettono un utilizzo massivo del digitale che garantiscono la presenza di svariati mostri, perfettamente in grado di interagire con gli attori in carne ed ossa. Ovviamente gli Stati Uniti non si lasciano sfuggire nulla di nulla e, dopo aver annunciato un remake statunitense di Troll Hunter affidato a quanto pare a Chris Columbus, il regista di Mamma Ho Perso l’Aereo!, continuano a produrre film found footage in grande quantità. Il perché è sempre lo stesso: i found footage costano poco e, quando incassano, fanno guadagnare molto. Certo, il più delle volte sono estremamente deludenti e priva di un qualsiasi guizzo fantasioso, ma ogni tanto qualche titolo riesce ad emergere e a trascinare ancora il genere. La cosa più interessante al momento sembra essere l’abbandono da parte del genere delle tentazioni horror o sci-fi. Uno dei titoli più attesi dell’anno è Project X, diretto da Nima Nourizadeh, che racconta di un house party messo in piedi da tre adolescenti che finisce in un macello senza precedenti, tra rivolte contro la polizia e macchine incendiate. Il film è prodotto da Todd Phillips, regista, sceneggiatore e produttore statunitense che ha messo la sua firma su grandi successi come Old SchoolUna Notte da Leoni. Staremo a vedere.