Attualità

Cavaliere win win

Perché a Berlusconi piace così tanto il governo Renzi? Un po' è sana ammirazione (e forse anche invidia), un po' strategia politica. Ecco quale.

di Claudio Cerasa

Roma – Si vede e non si vede. Si intuisce ma non si capisce. Ma il punto è che il politico che in questa fase sta osservando forse con più eccitazione la partita giocata da Renzi a Palazzo Chigi non ha il nome di nessuno dei grandi alleati ufficiali del rottamatore bensì quello del più grande alleato invisibile del presidente del Consiglio: Silvio Berlusconi. Certo: dire che un politico decaduto, interdetto, che non potrà candidarsi chissà per quanto tempo alle elezioni, che è stato cacciato dal Senato, si trova in una condizione privilegiata forse è dire troppo ma c’è una piccola verità che va raccontata: il Cavaliere, decadenza o non decadenza, osserva il percorso di Matteo Renzi con una simpatia e un trasporto che non possono che sorprendere. Non c’è una riunione a Palazzo Grazioli in cui Berlusconi non dica quanto è bravo Renzi, quanto è forte Matteo, quanto mi piacerebbe avere uno come lui qui tra i miei ragazzi. Non c’è una sola occasione in cui l’ex presidente del Consiglio non ricordi ai suoi ragazzi, tramite la voce di Giovanni Toti, che con Renzi bisogna essere duri sulle modalità di governo ma sempre disponibili su tutto ciò che riguarda i contenuti. E non c’è una sola occasione in cui Berlusconi non faccia capire che, niente, è più forte di lui: quando vede Renzi, quando vede lo stile di “Matteo”, quando osserva le idee del rottamatore, sotto sotto lo pensa davvero che quel giovane fiorentino altro non stia facendo che far rivivere sotto mentite spoglie molte delle battaglie portate promesse negli ultimi vent’anni dal vecchio Cavaliere. Le tasse da abbassare. Il bipolarismo. L’odio contro i piccoli partitini. L’insofferenza per le preferenze. Il maggioritario. Le riforme costituzionali. La giustizia. La fine del Bicameralismo perfetto. La battaglia contro la concertazione. La lontananza dai sindacati. L’insofferenza verso la Cgil. L’odio per il Senato. La lontananza dai comunisti. Eccetera.

Berlusconi, ovviamente, è convinto che Renzi non riuscirà mai a fare in poco tempo quello che lui non è riuscito a fare in molto tempo, e ogni volta che si lascia scappare quel suo “i gruppi parlamentari del Pd non permetteranno mai a Renzi di fare quello che vuole fare Renzi”, il Cavaliere non riesce a non pensare al fatto che anche Renzi è probabilmente destinato a ritrovarsi sul suo percorso di riformatore con i tanti Fini, e i tanti Bocchino e i tanti piccoli alleati riottosi pronti a infilare con sapienza i bastoni in mezzo alle ruote.

Eppure, Berlusconi non riesce a nascondere il suo buon umore. Perché? Politicamente parlando la risposta è semplice. Quella del Cavaliere è una partita Win-Win. Berlusconi vince se il progetto di Renzi si affloscia con calma. E se il progetto di Renzi si affloscia e la grande coalizione non funziona il primo a beneficiarne non può che essere chi si trova fuori dalla grande coalizione (ovvero Berlusconi). Berlusconi vince se il progetto di Renzi si affloscia subito (e andare a votare con un Italicum dimezzato significherebbe ridare con ogni probabilità al nostro paese un nuovo parlamento ingestibile in cui Forza Italia non potrebbe che avere un ruolo di peso). Ma paradossalmente Berlusconi vince anche se il progetto di Renzi dovesse realizzarsi. Se il segretario del Pd dovesse riuscire a mantenere le promesse. Se riuscisse a realizzare con la casacca del Pd alcune delle cose che Berlusconi promette da anni. Anche perché, poi, Berlusconi, e Forza Italia, se Renzi vuole fare quello che promette di fare, se vuole insomma riformare il Senato, se vuole insomma portare avanti un percorso di riforme istituzionali non da caciottaro, ha bisogno dei voti di Berlusconi. E Berlusconi quei voti li darà. Sapendo che per lui, oggi, la partita suona proprio in quel modo lì. Decadenza, sì. Ma sempre con la possibilità di premere contemporaneamente due tasti “win”.