Attualità

Cadaqués aspetta l’indipendenza della Catalogna

Un reportage dalla località di villeggiatura simbolo della borghesia catalana, dove l'80% degli abitanti ha votato Sì per l'indipendenza.

di Giuliano Malatesta

“Guadagneremo la libertà”, recita in catalano un piccolo striscione appeso tra due tronchi all’entrata di Cadaqués, forse il più bel borgo marinaro di tutta la Spagna. Davanti l’azzurro del mediterraneo, dietro le asperità dei Pirenei, che alcuni furono costretti ad attraversare a piedi per rifugiarsi in Francia quando le truppe ribelli di Franco entrarono in Catalogna al termine della Guerra Civile. Non tutti però fecero ritorno a casa.

Per la sua posizione geografica il villaggio ha le sembianze di un’isola e per decenni, fino agli anni Venti del Novecento, tutti si comportavano come se realmente lo fosse, al punto che i più anziani, quando dovevano salire e scendere la montagna di Cap de Creus per andare a Figueres, si dice che facessero prima il testamento, preoccupati dall’imprevedibilità del tragitto. «Non era un viaggio, ma una vera e proprio expedition», sorride Francesc Borreu Bassols, nativo di Cadaqués, fervente indipendentista e uno degli animatori locali dell’Assemblea nazionale catalana, una delle due organizzazioni civiche che si batte per l’indipendenza e che qui è riuscita nell’impresa di fa votare SI circa l’80% degli aventi diritto, 1200 persone su un totale di 1500. Numeri piccoli ma simbolici in quella che per lungo tempo è stata considerata la località di villeggiatura principe della borghesia catalana e che in Italia qualcuno ai tempi ribattezzò con spiccato provincialismo la Capalbio Barcellonese. Forse perché sul finire dei Sessanta era frequentata dalla cosiddetta “gauche divine”, che faceva il verso ai francesi e si proclamava sostenitrice di tutte le rivoluzioni, non importa se sessuali o della Palestina. All’epoca qualcuno, colto da uno slancio particolarmente ottimistico, azzardò anche la definizione di “partito comunista di Cadaqués”, ma il fantomatico partito ebbe vita breve.

«Vivere qui è un privilegio, ma siamo stanchi di star dietro alle falsità del Governo spagnolo. E’ arrivato il momento di dire basta.  Qui siamo tutti per l’indipendenza, anche gli immigrati di II generazione», racconta Francesc, sostenitore di Esquerra Repubblicana. «Per decenni lo Stato spagnolo ha vinto la battaglia utilizzando l’arma più pericolosa che ci sia, la paura, ma stavolta non funzionerà». Ora il nostro “pueblo es salido a la calle”, dice con tono enfatico e con quel autocompiaciuto vittimismo che è tipico di una parte dei catalani e che sarebbe tanto piaciuto a Manuel Vázquez Montalbán.

Cadaqués-costa-brava-sunset-2 (1) 2

Se fosse stato ancora vivo forse Salvator Dali avrebbe votato no al processo d’indipendenza, raccontano in paese, ironizzando sul suo atteggiamento conformista nei confronti del potere, motivato più da personali esigenze di opportunità che non da ferventi passioni politiche. “Avida dollars” non a caso lo aveva soprannominato il surrealista e suo ex amico André Breton, coniando un geniale anagramma del suo nome. Il pittore catalano è sempre stato il simbolo più conosciuto e ammirato di Cadaqués ma anche una figura ingombrante e mai particolarmente amata da una popolazione convinta che anche senza la sua notorietà e le sue stravaganti follie Cadaqués avrebbe comunque avuto il successo che merita. “Magari solo qualche anni più tardi”. Ma forse non avrebbe mai visto Pablo Picasso passeggiare lungo il centro antico o Luis Buñuel stare seduto pomeriggi interi ad un tavolino del bar Maritim a osservare l’orizzonte. E certo Federico Garcia Lorca non sarebbe mai venuto in quel di Port Lligat, allora paradiso incontaminato della Costa Brava, dove incantava gli ospiti con le prime letture di Mariana Pineda, la ballata popolare che sarebbe andata in scena per la prima volta due anni più tardi a Barcellona, con scenografia e abiti disegnati da Dalí e con Margarita Xirgu nel ruolo della protagonista.

Chi invece ogni tanto fa capolino da queste parti è proprio l’ex presidente della Generalitad Puigdemont, che nell’estate dello scorso anno fu immortalato ad una festa insieme al presidente della squadra di calcio del Barcellona, Joan Laporta, e sopratutto all’oramai celeberrimo comandante dei Mossos d’Esquadra, Josep Trapero, recentemente accusato di sedizione dal Governo spagnolo per non aver fornito supporto alla Guardia Civil e aver disobbedito agli ordini di Madrid, e che in quella l’occasione dilettò i presenti con le canzoni del grande Joan Manuel Serrat, nome tutelare della canzone popolare catalana e spagnola.

Il sindaco di Cadaques, Joseph Lloret, è di Esquerra Repubblicana ma le posizioni sono sempre quelle di Convergenza Democratica, il partito dell’ex leader della Generalitad Arturo Mas, che qui ha dominato la scena negli ultimi decenni. «Sono preoccupato e pessimista, da entrambe le parti non vedo capacità di ragionamento e di dialogo», avverte Paco, proprietario di Casa Nun, uno dei ristoranti più raffinati del borgo, nonché uno dei pochissimi contrari all’indipendenza. «Lo scorso martedì, giornata di sciopero generale, volevo aprire ma di fatto me l’hanno impedito, sarei stato l’unico. Ma sono convinto che l’indipendenza per il turismo sarebbe una tragedia. L’unica maniera per fermare i catalani è enfatizzare i rischi economici. Se va via il denaro, forse, sparisce anche l’ideologia». «Non credo – replica Xavier ferragut, dipendente nautico e altro esponente dell’Anc locale – oltre l’economia abbiamo una identità. Noi catalani siamo gente semplice e conformista, ma chiediamo rispetto. Non ci stiamo più a essere umiliati. E se poi, “come mi auguro”, venisse dichiarata in maniera unilaterale l’indipendenza e si presentassero i militari a rimettere ordine», aggiunge, «ci sono sempre i Pirenei, come si faceva un tempo. Solo che stavolta sappiamo già la strada».

 

Foto in evidenza: Getty; all’interno: Wikimedia.