Attualità

Bullhead

Un ottimo drama belga dalle tinte noir. Candidato all'Oscar 2012 come miglior film straniero

di Federico Bernocchi

E anche quest’anno ci siamo tolti di mezzo gli Oscar. Ne parleremo in ufficio o al bar ancora un paio di giorni, leggeremo ancora qualche piccolo articolo di approfondimento, ma il clamore ormai si sta inevitabilmente spegnendo. Già oggi la cosa più interessante da dire riguardava l’account twitter del capezzolo di Jennifer Lopez o il fatto che Nick Nolte fosse totalmente ubriaco e con un dente penzolante. Poca roba, insomma. Peccato. Peccato perché di materiale interessante – e che ovviamente rimarrà inedito per noi italiani – ce n’era e anche molto. Una delle categorie più bistrattate dai nostri distributori è quella del Film Straniero. Certo, non perdiamo occasioni di disperarci ogni volta che un nostro candidato non viene inserito nella rosa finale dei cinque titoli, ma è anche vero che il più delle volte non abbiamo nemmeno la curiosità di andare a vedere gli altri film in concorso. Il mio amico Paolo, che è una persona molto cattiva, quasi spiacevole, una volta mi ha detto: “Non sempre l’Oscar come miglior film lo vince un bel film. Quello come miglior film straniero invece, lo vince sempre un film brutto”. A me, il mio amico Paolo, fa sempre molto ridere, ma ogni tanto dice delle cavolate. Quest’anno, per esempio, ha vinto (e siamo tutti contenti) l’iraniano Una Separazione di Asghar Farhadi. Un bellissimo film che meritava decisamente la statuetta. Ma la domanda è: avete visto gli altri film candidati? Ci permettiamo un consiglio: recuperate il bellissimo Rundskop (titolo internazionale,Bullhead), film belga diretto e sceneggiato dall’esordiente Michael R. Roskam.

Rundskop è stato presentato alla 61° Berlinale, ha fatto il giro di qualche bel festival per poi vincere tutto quello che c’era da vincere all’Austin Fantastic Set. Un film “fantastico”, quindi? Un horror, uno Sci-Fi belga? No. Bullhead racconta i traffici della cosiddetta Mafia dell’ormone nelle zone agricole del Belgio. Gente che vende e spaccia ormoni per far crescere a dismisura i loro capi di bestiame da vendere poi sul mercato. Già per questo il film di Roskam, per il tema totalmente inedito trattato, merita la nostra attenzione. Ma ha anche altre frecce al proprio arco. Questo contesto, insieme ai nebbiosi set belgi, viene sfruttato per realizzare un noir intenso e doloroso, in cui temi trattati sono principalmente due. Primo: il destino nerissimo e ineluttabile dei protagonisti. Due: il corpo. Attenzione: quando di parla di riflessione sul corpo, per fare citazioni alte, “metto mano alla pistola”. Ma in questo caso, mi sembra la definizione più azzeccata possibile. Il protagonista del film è il mastodontico (soprattutto in senso fisico) Matthias Schoenaerts, attore già visto nel bizzarro horror Left Bank di Pieter Van Hees e in Black Book di Paul Verhoven. Schoenaerts interpreta qui la parte di Jacky, un agricoltore invischiato nei traffici di cui sopra, che nasconde un orribile segreto legato alla sua infanzia. Ma come ci spiega l’incipit del film, i segreti prima o poi riaffiorano. E ti fottono.

Jacky ha sempre avuto a che fare per tutta la sua vita con il bestiame; per questo motivo – e per un altro che qui non vi sveliamo – è diventato incredibilmente simile a loro. Gigantesco, pieno di ormoni e medicinali, con uno sguardo assente ma al tempo stesso severo, ha una fisicità ingombrante. Se è vero che la metafora è piuttosto facile (e, per non sbagliare, viene anche enunciata durante il film), l’attore riesce a dare un’interpretazione a tratti sconvolgente. Il merito principale è del regista che riesce a stargli incollato, insistendo sui particolari del suo volto o dei suoi muscoli, rendendo tangibile questo suo lato animalesco. Tutto passa attraverso la carne, il sangue, i pugni, il desiderio sessuale. Per questo non c’è scampo in Bullhead. Il destino di ogni persona è legato al proprio corpo. E del corpo non ci si può liberare: rimane con noi come un fardello per tutta la nostra esistenza.

Bullhead è un vero filmone. Di quelli lunghi, pesanti, che ti rimangono in mente per giorni dopo la visione. È un film dove ci sono scagnozzi senza scrupoli che se ne vanno in giro vestiti in tuta con dei furgoni scassati. In cui i cattivi si trovano in squallidi circoli di corse per cavalli a mangiare bistecche e a parlare di soldi o di capi di bestiame ipertrofici. Un film in cui non ci sono realmente neanche i buoni o i cattivi, ma persone che non fanno altro che prendere decisione sbagliate e andare avanti testardamente per la loro strada. Ci sono poliziotti con le occhiaia che dormono in ufficio, gente che si ubriaca in brutte discoteche, vecchi talmente rovinati dal tempo che non possono fare altro che sedersi su delle panchine ad aspettare la cena. E un nervosismo, una cattiveria di fondo, che lascia senza fiato. Se vi piace il cinema noir, Bullhead è lì per voi.