Attualità

La bisbetica domata

Nicki Minaj: lui addomestica lei a suon di devozione e rispetto, lei lo ripaga con il calore che sognava

di Violetta Bellocchio

Nel singolo The Jump Off, del 2003, il punto massimo di una carriera breve e bruciante, Lil’ Kim si vantava di potersi infilare in bocca tutta quanta una lattina di Sprite.

Il messaggio era passato, ma la storia di Lil’ Kim era stata costruita su un canovaccio senza tempo: la Donna Orgogliosa che si fa strada in un Mondo di Uomini. Pupilla di un rapper quasi coetaneo e già affermato, unica femmina considerata “degna” in uno scenario alla GTA: No Ladies Allowed, sempre bòna e maschiaccio in un colpo solo, sempre padrona del suo destino sessuale, eroina di tali e tanti servizi fotografici da diventare un incidente probatorio. Ha venduto milioni di dischi.

L’ultima persona per cui è stata usata questa storia è Nicki Minaj.

Minaj è stata tenuta a battesimo dalla Young Money, l’etichetta di Lil Wayne. Ha reso omaggio a Mamma Kim in uno dei suoi primi pezzi, Jump Off 2007, ma poi ha superato il modello. Kim era una Black Barbie, Nicki si auto-incorona Harajuku Barbie; Kim cantava Bad Girl, Nicki dice I’m the baddest bitch. E se Kim dominava ogni uomo con la sua vagina triplo platino, Nicki estende la cortesia alle donne. Quindi passa due anni predicando la visibilità LGBT nel mondo dell’hip hop, autografando tette e brandendo falli artificiali sul palco (tutto poi immortalato dal video di Did It On Em), e raccontando con quali celebrità si ammucchierebbe più volentieri (di solito la cantante Cassie e l’attrice Lauren London).  Un’offensiva che non lascia in piedi nessuno, terminata con la protagonista che dice «in vita mia sono stata solo con uomini, ed è solo con loro che ho desiderato stare».

Al di là del panico morale e di tutti gli OH NO, UNA POPSTAR CI HA MENTITO, le spiegazioni prevalenti sono due: Minaj sta aggiustando il tiro perché vende più di quanto era stato previsto, e perché sono bambine e pre-adolescenti a rappresentare la spina dorsale del suo fatturato; oppure Minaj ha recitato a soggetto per un pubblico trasversale, accattivandosi the gays come Lady GaGa ma stuzzicando molto di più gli etero.

Nei fatti, però, Minaj ha sempre detto poco. Ha lasciato credere, e ha permesso tra ammicchi e sorrisini che altri finissero il lavoro. Ha negato di essere quella che in un vecchio video raccontava le notti passate con la rapper Remy Ma, non ha impedito che quel video continuasse a circolare. A giugno 2010 lei diceva «io non vado davvero con le donne» in un’intervista a Vibe, il mese prima permetteva che Details la citasse come “una delle poche rapper apertamente bisessuali”, e a settembre diceva «basta domande, faccio quello che mi pare» – mentre stava sulla copertina di Out. (Finire sulla copertina di Out è come pronunciare a voce alta la frase «pacchetto azionario»: non puoi fingere di essere uno tra i tanti, dopo.) I suoi primi tre mixtape, il prima-degli-esordi 2007/2009, erano e restano pieni di ambiguità. Al di là dei pezzi firmati da lei, non ha mai smesso con le comparsate più o meno amichevoli nei dischi degli altri, sempre nella parte della bad chick senza limiti, quella che fa tutto, quella che le vostre fidanzate, puntini puntini. C’è stata Little Freak, dove lei e Usher – Usher – provinano donne per un partouze, ed è lei che va in giro a cercare la terza; cercavo una versione dal vivo di Shakin’ It 4 Daddy ma sono censurate al punto che si sente una parola su due. Si ride, eh.

E adesso facciamo vestire il mondo di rosa.

Per Nicki Minaj la marcia indietro su questioni sessuali, vere o finte non importa, si è accompagnata a un processo di femminilizzazione progressiva, sia sul piano musicale che su quello narrativo. Nell’album Pink Friday sono spuntati i coretti, i ritornelli, le dichiarazioni d’amore. Il 2011 è cominciato con la tuttora incredibile principessa vergine del country-pop Taylor Swift che dice, in diretta alla radio, «vorrei ascoltare Super Bass di Nicki Minaj», triplicandole le vendite nell’arco di un MA NON CI CREDO (poi l’hanno anche cantata insieme), ed è finito con la Nicki Minaj Barbie prodotta dalla Mattel. E questo senza contare la storyline media del suo rapporto con il compagno di etichetta Drake, il rapper confidenziale amato da chiunque, talmente esplicita nel porsi come un fotoromanzo in movimento che le manca solo il quadratino «continua» in basso a destra. Guardate almeno il video di Moment 4 Life, dove Nicki fa Cenerentola-regina e Drake il principe: non si baciano mai, anche se alla fine si stanno sposando. La scena è risolta con teste che si avvicinano / fuochi artificiali / teste che si allontanano. Calmati cocor.

Almeno questo terreno era stato preparato per tempo. All’inizio Drake parlava di Nicki come di una ragazza ideale, eterna fonte di frustrazione. Poi l’ha infilata in una canzone (Miss Me) dicendo «un giorno la sposerò solo per poter dire che l’ho fatto». E poi abbiamo avuto Nicki ospite di Drake e Drake ospite di Nicki, Drake e Nicki sulla stessa copertina di XXL e the rebirth of rap royalty, Drake e Nicki che dicono ci siamo sposati veramente (no), Nicki che riceve la benedizione della mamma di Drake, e i nuovi mixtape divisi a metà, e se Drake va al Saturday Night Live ci va anche Nicki, e insieme cantano la loro canzone, Make Me Proud, e lui le da un bacio leggero sulla guancia. E spesso si ospitano nei rispettivi concerti, con nuovi  finti baci alla fine-fine, con lei che gli fa una lap dance e lui simula imbarazzo, lui le dice «non posso chiamarti the baddest bitch perché ti rispetto e sei troppo bella», lui trasforma la frase  you’re the baddest woman to ever do this rap shit in un mazzo di rose bianche. Lui lui lui. Lui e chi altro.

In tutto questo, badate bene, Minaj sarebbe semi-silenziosamente legata dal 2010 al suo hypeman Safaree Samuels, responsabile di twittare cose piuttosto sconnesse e prestarsi, a seconda delle occasioni, a tenere vivo lo spirito di migliore amico, solo amico, fidanzato, marito/manager di attrice porno, mano che anticipa l’inevitabile, lapidario giudizio di Dio, quello che tira i fili nell’ombra, quello pestato per vendetta dagli inviati della Young Money, quello che l’anno scorso ha tirato una valigia in faccia a Nicki, ha spintonato una cameriera, e ha fatto piangere la diva, in una soap opera sotterranea e poco documentata perché tanto lo sapete che a lei piacciono le donne – e perché nessuna verità può competere con una storia.

Drake ha domato Nicki a suon di devozione e rispetto, Nicki ha dato a Drake il calore che lui sognava quando era soltanto un ragazzino triste in Canada. Una doppia educazione sentimentale dove vincono tutti. E guardate: loro due si facevano le faccette già nel 2009, nel video per un singolo collettivo di casa Young Money, BedRock. Come Sandra e Raimondo, ma giovani e belli. Come due coinquilini che bisticciano per cose banali (sei sempre in bagno?) ma sono destinati l’uno all’altra.

Ecco, vedete? A me questa sembra una bellissima cosa. Molto edificante. Pensateci: due performer iper-fotografati, iper-sessualizzati e venduti come “il meglio” per quattro orientamenti diversi, che tra di loro non si baciano nemmeno mai. Non vi sembra bellissimo? Non vi sentite tutti molto bravi?