Attualità

Bipolarismo, se non ora quando

Passato lo scoglio della legge di stabilità, Letta e Alfano hanno un solo modo di mostrare il profilo riformista del governo: un nuovo sistema elettorale.

di Claudio Cerasa

Roma – Una volta archiviato l’intricato capitolo della legge di stabilità, e una volta ricevuto il bollino dell’Europa rispetto ai contenuti dell’ex finanziaria, ci sarà un tema intorno al quale si misureranno le ambizioni del governo sia rispetto al futuro della legislatura sia rispetto al tipo di prospettiva che la coppia del gol, Enrico Letta e Angelino Alfano, intende dare a questo esecutivo. Il tema ovviamente, non sbadigliate, è quello della legge elettorale ma questa volta il dibattito sul giusto modello da offrire al paese non sarà soltanto un’occasione per riscaldare due grandi scuole accademiche, quella dei maggioritari e quella dei proporzionalisti, ma sarà un modo come un altro per osservare, come un tempo facevano gli aruspici con il volo degli uccelli, quale delle due traiettorie intende prendere questo governo.

Traiettoria numero uno: utilizzare la grande coalizione per dare nuova linfa ai due azionisti di maggioranza delle larghe intese, Pd e Pdl, e stimolare un processo virtuoso capace di imporre, letteralmente, un sistema bipolarista nel nostro paese.
Traiettoria numero due: utilizzare la grande coalizione non per dare una boccata d’ossigeno al bipolarismo ma per creare le condizioni affinché nel futuro il paese possa dotarsi di un nuovo centro politico capace di dare un domani una degna rappresentanza ai protagonisti di questo governo.
In questo senso la partita che Alfano e Letta giocheranno intorno alla rottamazione del Porcellum sarà molto delicata e sarà utile a capire quanto tasso di bipolarismo esiste nei due grandi player di questo governo. Letta e Alfano smentiscono, e bisogna credergli, di voler creare i presupposti per la nascita di un grande centro ma più che le parole, una volta portato a termine le operazioni legate alla legge di stabilità, ora servono i fatti e i fatti dicono che fino a questo momento, per mille ragioni alcune delle quali anche condivisibili, il governo non ha voluto discutere e mettere in cantiere una riforma elettorale anche per ostacolare, in modo forzoso, tutti coloro che sognano di tornare presto alle elezioni. “È ovvio – ha ammesso ieri sera Rosy Bindi a Otto e Mezzo – che con una nuova legge elettorale la tentazione di far cadere il governo per qualcuno potrebbe essere irresistibile”.

La scelta, condivisa da Letta e Alfano ma anche dal Quirinale, di non mettere come primo punto del percorso riformista individuato dal governo il rinnovo immediato del sistema elettorale rischia dunque di essere percepito come un punto di debolezza dell’esecutivo, come un modo per poter giocare, in caso di imminente crisi del governo, una carta invincibile che più o meno suona così: “Non fate gli sciocchi, ché senza nuova legge elettorale non si può tornare alle elezioni”. Un governo che invece ha la consapevolezza della sua forza, e del proprio profilo riformista, dovrebbe invece giocare questa partita a viso aperto, senza tentennamenti, e dovrebbe cambiare la legge elettorale prima del prossimo tre dicembre, data in cui è prevista la sentenza della Consulta rispetto alla Costituzionalità del Porcellum. Investire su questo punto, per la coppia Letta-Alfano, sarebbe una grande prova di maturità, un regalo importante fatto agli investitori e ai famosi mercati e anche una dimostrazione plastica di quanto i due azionisti di maggioranza del governo abbiano fiducia nelle potenzialità del loro stesso governo.

Inoltre con la legge elettorale Alfano, e soprattutto Letta, hanno la grande occasione di togliere proiettili potenzialmente mortali dalla pistola del possibile rottamatore del governo, che oggi si chiama più Matteo Renzi che Silvio Berlusconi. Togliere proiettili nel senso che Renzi, nel caso in cui Letta e Alfano dovessero promuovere un sistema proporzionale, avrebbe gioco facile nell’accusare i due vertici del governo di essere vittime della sindrome neo centrista e di voler trasformare in un partito questo esecutivo. Viceversa, impugnando l’arma del bipolarismo e proponendo un sistema elettorale maggioritario, il governo potrebbe cogliere due piccioni con una fava: disarmare Renzi, combattere il sistema spezzatino e trasformarsi lui stesso, e non qualche sindaco, nella vera sentinella del bipolarismo italiano. E dunque, come si sarebbe detto un tempo, se non ora, cari Letta e Alfano, quando?