Attualità

A proposito dello smarm, pt. 2

Riassunto e analisi in più episodi di “On smarm”, il saggio del giornalista Tom Scocca apparso su Gawker che si domanda che fine abbia fatto la critica culturale. In questa parte: le repliche di Gladwell e deBoer.

di Cesare Alemanni

(Per la comprensione di questo articolo si consiglia la lettura della prima parte o, ancora meglio, del saggio di cui discute. A questa seconda parte, concentrata soprattutto sulle repliche al suddetto “saggio di cui si discute”, seguirà un’ulteriore terza e ultima parte con alcune considerazioni finali sulla questione riportata anche al contesto italiano).

Come si poteva prevedere, l’articolo di Tom Scocca ha prodotto diverse reazioni. Per il momento non sono pervenute quelle dei personaggi chiamati in causa più direttamente come Dave Eggers ma ugualmente non sono mancate le repliche degne di nota; su tutte quelle di Fredrik deBoer (“If it were easy to get out, nobody’d be in it“) e Malcolm Gladwell (“Being nice isn’t really so awful“). Due personaggi che, ai fini del discorso, è essenziale introdurre brevemente.

Fredrick deBoer  è un dottorando in retorica a Purdue, collabora con piccoli siti e riviste culturali indipendenti estremamente “alti” come The New InquiryJacobin e ha insomma il profilo del giovane pensatore piuttosto radicale che Tom Scocca potrebbe apprezzare.

Malcolm Gladwell è invece un affermato scrittore di saggi, tradotti in numerose lingue, che lavora come staff writer per il New Yorker dal 1996. Oltre a essere indubbiamente capace, Gladwell è anche un’ottima macchina promozionale di se stesso, tanto che persino un buontempone come Bill Simmons lo ha punzecchiato in merito, nell’introduzione a un articolo “scritto” a quattro mani di recente su Grantland: «Ogni tanto Gladwell e Simmons si ritagliano qualche giorno per scambiarsi lunghe mail che vengono poi pubblicate su internet. È accaduto nel 2006, due volte nel 2009 e infine nel 2012. Questa settimana l’hanno fatto di nuovo perché Gladwell sosteneva di “avere un sacco di cose da dire” che, tradotto, significa “ho un nuovo libro da promuovere”». È stato lo stesso Scocca nel suo pezzo a chiarire ciò che pensa di Gladwell quando lo ha definito «un noto esperto nel potere del marketing della popolarità».

È interessante notare come le repliche di deBoer e Gladwell al pezzo di Scocca finiscano con incarnare le due polarità della questione in gioco, lo snark e lo smarm.

È interessante notare come le repliche di deBoer e Gladwell al pezzo di Scocca siano diverse tra loro almeno quanto divergono i pedigree e le circostanze dei loro autori e, fatto ancora più interessante, come finiscano con incarnare, non so quanto consapevolmente nel caso di Gladwell, le due polarità della questione in gioco, lo snark e lo smarm. Mentre il breve saggio di deBoer si confronta di petto con alcune delle più evidenti contraddizioni in cui si infila il discorso di Scocca – ed è a tutti gli effetti un drastico esercizio di quel pensiero critico, lo snark, di cui proprio Scocca avverte la mancanza; quello di Gladwell, uno scrittore ormai affermato, tende perlopiù ad evadere dall’analisi puntuale del saggio di Scocca, preferendo correggere in modo a volte pretestuoso il tiro di certe esposizioni che esso contiene, in difesa di Dave Eggers in prima istanza, e in nome del principio, esposto fin dal titolo, che “non c’è niente di terribile nell’essere carini” in seconda. Quello di Gladwell è insomma un limpidissimo esercizio proprio di quello smarm che Scocca deplorava nel suo lungo post su Gawker. «A un certo punto – scrive Gladwell nella sua replica – Scocca cita il fondo di deliberato ottimismo che si ritrova nel mio lavoro – e in effetti non sbaglia a vederci un sottile interesse personale. A essere carino con il mondo, uno scrittore obbliga il mondo a essere carino con lui. Tuttavia Scocca ha ambizioni più vaste: vuole dimostrare che la tirannia della carineria è una delle caratteristiche che definiscono la nostra epoca e vuole fare di Dave Eggers l’uomo-copertina di questo movimento. Ed è proprio qui che il suo saggio va fuori strada».

In realtà è proprio da questo punto in poi che la replica di Gladwell deraglia e il suo autore comincia a perdersi in distinzioni capziose e cavillosità sul significato da attribuire a questa o a quella frase tratta dalla stessa intervista a Eggers citata da Scocca nel suo pezzo, fino a giungere sostanzialmente a sostenere l’assurdo per cui quando Eggers invitava i giovano a non essere “critici” in realtà stava invitandoli a fare l’opposto. O meglio, stava invitando i giovani a essere senz’altro critici… ma nel modo in cui lo sono gli adulti. Gladwell scrive:

«”Non siate critici” arriva alla fine di uno sproloquio (di Eggers, ndA) alternativamente comico e serio. Vuol dire qualcosa come “Non siate critici nel modo in cui lo ero io da teen-ager”. Quando Eggers dice, “Non criticate un libro prima di averne scritto uno, e non criticate un film prima di averne fatto uno”, non intende dire che non si può criticare un libro o un film a meno che non se ne sia realizzato uno. Vuol dire che se si vuole esprimere quel genere di critica radicale che si esprime così liberamente da teen-ager, per lo meno si dovrebbe aver guadagnato questo diritto attraverso un’autentica esperienza nell’arte in questione».

Appena un paragrafo dopo aver dato un twist interpretativo così profondo a una frase che era “nero su bianco” come si suol dire e che recitava abbastanza inequivocabilmente “non siate critici”, Gladwell contraddice se stesso nuovamente quando sostiene che «la filosofia di Eggers non è tanto opaca da consentire troppe diverse interpretazioni. Dice più o meno esattamente quello che intende».  E con questo direi che è tutto.

Fortunatamente l’intervento di deBoer è più coerente sia con se stesso sia con il contenuto del saggio di Scocca. Questo non significa che sia impeccabile ma è senza dubbio più interessante. deBoer inizia il post sul suo blog facendo notare come lo stesso sito (Gawker) su cui Tom Scocca può pubblicare i suoi strali contro l’eccesso di positività e leggerezza di questa epoca di cui Buzzfeed, Eggers e UpWorthy rappresentano in modo diverso tre icone culturali, è a sua volta un’icona culturale che anche grazie a quella stessa leggerezza può permettersi di pagare uno stipendio a Scocca e permettergli di essere tanto preoccupato per i destini del nostro senso critico.

deBoer scrive:

«Il mio istinto mi direbbe di far notare come questo lungo saggio di Tom Scocca sullo smarm sia seguito pochi post dopo da un post intitolato: “Scimmia insegna il suo gioco preferito a un essere umano” […] L’autore di quel pezzo è Nathan Zimmermann. Ovvero sia il più grande generatore di denaro di cui Gawker dispone e uno dei più costanti produttori di smarm. […] Una larga parte di ciò che fa Zimmermann – e di conseguenza una larga parte dei soldi che entrano a Gawker – è sul genere “quando vedrete cosa ha fatto questa madre autistica per salvare il suo cucciolo di foca non crederete ai vostri occhi”. Ed è questo che finanzia i pezzi di Scocca. E non lo dico io. Lo dice Farhad Manjoo: “Il potere dato a Zimmermann è parte del piano di Gawker. Portando così tanto traffico tutto da solo, “paga” gli stipendi al resto dello staff, permettendogli di scrivere pezzi più approfonditi, lunghi e sperimentali».

Una larga parte di ciò che fa Zimmermann è sul genere “quando vedrete cosa ha fatto questa madre autistica per salvare il suo cucciolo di foca non crederete ai vostri occhi”. Ed è questo che finanzia i pezzi di Scocca.

deBoer, dice, è completamente a suo agio con questa dinamica – almeno nel caso di Gawker: «Non mi interessa dover procedere a tentoni tra le cazzate postate da Zimmerman e da alcuni altri autori di Gawker per poter poi leggere cose interessanti. In qualche modo le bollette si devono pagare […] La realtà è questa: vuoi leggere online? Perfetto. Preparati a tutto lo smarm che tuo cugino insiste a postare su Facebook ogni quarto d’ora. Per questa ragione uno si aspetterebbe di trovare un po’ di auto-consapevolezza, un minimo di coscienza, da parte di Scocca, del fatto di essere colluso con tutto questo. […] E invece no. Questo è il problema con lo snark o in qualunque altro modo lo si voglia chiamare: fa a pezzi l’auto-consapevolezza. Se Scocca ha mai scritto una singola autocritica beh devo ancora leggerla, e questo lo rende una intelligenza decisamente meno utile di quanto sarebbe altrimenti».

deBoer prosegue argomentando che quelli scelti da Scocca – Eggers, UpWorthy, Buzzfeed etc. – sono in fondo bersagli facili: «Ora, scusatemi ma bisogna aver subito una qualche sorta di enorme trauma cerebrale per ritenere che Eggers e UpWorthy non siano mai stati oggetti di critiche. A volte penso che Dave Eggers sia stato personalmente coltivato in un laboratorio da Nick Denton (fondatore di Gawker, ndA) al solo scopo di dare ai blogger qualcuno da sfottere. Mentre UpWorthy è così odiata che persino il cugino decerebrato che ho menzionato prima se ne sta stufando».

Dopo tutto il vero genio di Scocca potrebbe essere proprio questo: scrivere pezzi che sembrano rischiosi ma che in realtà sono delle garanzie, perfetti per il tipo di persona che legge Gawker e The Awl.

C’è assolutamente del vero in entrambi i rilievi di deBoer, scegliendosi Eggers e UpWorthy come bersagli, Scocca ha puntato un bazoooka contro due transatlantici. Impossibile mancarli. Fredrick prosegue sostenendo infine che, in qualche modo, scegliendosi dei nemici così “facili”, così condivisi e condivisibili (aggiungo qui una piccola postilla a titolo personale: al netto di alcuni atteggiamenti decisamente paraculi non sono convinto che l’antipatia per Eggers sia condivisa e neppure così convisibile, ma comunque) per il suo sfoggio di spirito critico, per il suo sfoggio di snark, Scocca non abbia fatto altro che compiere tutto il giro e ritrovarsi perversamente sul quadrante dello smarm. «I commentatori hanno perso la testa per l’articolo di Scocca. Come sempre. Uno degli aspetti paradossali della posizione deliziosamente raffinata di Scocca di “Ultimo Uomo Onesto Di Internet” è che la maggior parte delle cose che scrive è proteina pura per i commentatori di Gawker […] Dopo tutto il vero genio di Scocca potrebbe essere proprio questo: scrivere pezzi che sembrano rischiosi ma che in realtà sono delle garanzie, perfetti per il tipo di persona che legge Gawker e The Awl».

deBoer rincara la dose poco più avanti: «La verità è che blogger e giornalisti come Socca, élite che scrivono per altre élite, amano la negatività solo in astratto. Un peana alla negatività che ottiene solo complimenti è per sua stessa definizione un guscio vuoto, un lavoro inutile concepito per essere celebrato da una conventicola […] che appoggia l’idea dell’autonomia di pensiero ma la sanziona quando se la ritrova effettivamente davanti». È un punto questo difficilmente smontabile e smentibile, basta andarsi a leggere le risposte acide ricevute dallo stesso deBoer quando su Gawker ha provato a muovere alcune di queste critiche nella sezione commenti al pezzo di Scocca.

È anche però un passaggio decisamente controverso.

Da un lato è indubbio che l’accoglienza ricevuta dal pezzo di Scocca contro lo smarm, è un chiaro caso di smarm; perlomeno se – come avevo scritto nella prima parte di questo articolo – per smarm si intende: «un’apparenza di autorità e autorevolezza costruita sulla connivenza tra simili […] del darsi di gomito, del fare fronte comune»; dall’altra è anche vero che minando il concetto e il senso di appartenenza a una comunità, negando in assoluto l’accordo tra i membri di una stessa comunità (in questo caso quella degli “scocchiani” di Gawker), si nega l’idea stessa di comunità e quindi l’idea stessa di dibattito e quindi tutto questo, forse, non ha alcun senso fin dal principio. E allora cosa rimane? Rimane, come sempre, un paradosso.

La morale di questo piccolo dibattito non ha tanto a che fare con lo snark o lo smarm, con la critica o la compiancenza, con il sarcasmo o l’adulazione ma è il riflesso di cose molto più concrete.

deBoer pone questo paradosso come una sfida a Scocca quando lo invita per una volta a «scrivere un pezzo che non dia come risultato centinaia di persone che gli leccano il culo. Se lo avesse mai fatto, allora saprebbe cosa significa essere davvero negativi, davvero indipendenti» Ma ovviamente questo non è nell’interesse di Scocca, poiché «è uno “dentro alle cose”, pagato da una pubblicazione potente, che vive nella stessa fortezza fatta di follower su Twitter e amici nei media di tutti, e quindi questo pensiero non gli è mai balenato alla mente».

Si potrebbe concludere con una battuta: caro Scocca, troverai sempre qualcuno con più snark di te. Qualcuno che è e si sente – a buon titolo – meno inserito di te, più outsider di te e vede le cose da una posizione più eccentrica della tua.

Si potrebbe altrimenti concludere dicendo che, in fondo, la morale di questo piccolo dibattito non ha tanto a che fare con lo snark o lo smarm, con la critica o la compiacenza, con il sarcasmo o l’adulazione ma è il riflesso di cose molto più concrete, molto più semplici e allo stesso tempo molto più complesse, e altamente umane radicate nelle posizioni relative di alcuni dei personaggi coinvolti, almeno all’interno dell’ecosistema mediatico e culturale americano, newyorchese in particolare. Si potrebbe per esempio notare come – in una scala che va dal massimo di snark al massimo di smarm – la radicalità richiesta dalla critica di deBoer stia al pezzo di Scocca come il pezzo di Scocca sta alla replica compiaciuta e auto-indulgente di Gladwell. Si potrebbe poi, sempre per esempio, supporre che questo avvenga molto semplicemente anche perché, in una scala che va dal minimo al massimo di ciò che ognuno di questi tre ha “da guadagnare e da perdere” nel dibattito, da un minimo a un massimo di popolarità, da un minimo a un massimo di accettazione all’interno del sistema di cui in modi diversi fanno/si sentono parte: la posizione di deBoer all’interno di quel sistema sta a quella di Scocca come quella di Scocca sta a quella di Gladwell.

Il che, ripensandoci, curiosamente rende la posizione di Eggers – che essenzialmente dice: “non criticate finché non capite un po’ meglio come funzionano le cose dall’interno” – quella forse più sensata fin dal principio. Tristemente sensata o brillantemente sensata; questo dipende dai punti di vista.

Si potrebbe concludere così questa seconda e penultima parte di “A proposito dello smarm”. Oppure con queste parole di deBoer: «La realtà è questa: gli scrittori sono creature egoiste, la cui auto-stima e sicurezza finanziaria dipendono dall’essere apprezzati».

 

Nella foto, Malcolm Gladwell al New Yorker Festival nel 2010