Attualità

30 for 30, pt. 2

Seconda parte del compendio di alcuni dei migliori documentari sportivi mai realizzati da ESPN

di Francesco Pacifico

Ancora consigli su documentari sportivi ESPN da “comprare” (non sono distribuiti in Europa). Qui la prima parte.

 

The Two Escobars.

È il migliore di tutti e trenta i documentari “30 for 30”. Racconta la storia parallela di Andrés Escobar e Pablo Escobar.

Andrés, capitano della nazionale di calcio colombiana ai mondiali USA ’94, venne ucciso dopo un autogol nella partita contro gli Stati Uniti, nella fase a gironi. La storia la sapevo, la ricordavo da allora: Colombia tra le favorite, nonostante l’assenza del carismatico portiere Higuita, agli arresti per mediazione in un sequestro; il capitano fa autogol; al ritorno in patria gli sparano.

Pablo Escobar è il trafficante di droga più famoso al mondo, ma non avevo mai capito perché. Questo documentario racconta il rapporto quasi da Papa Buono di Escobar con i colombiani alla luce del suo impegno nel mondo del calcio. Da una parte c’è l’amore di questo romantico cicciottello coi baffi per il proprio paese e per i poveri del paese, “la sua gente”, che lo porta a costruire case popolari e campi di calcio per far giocare i ragazzi, e lo fa su scala talmente larga da (questo almeno dicono gli autori, i fratelli Zimbalist) dare impulso a tutto il movimento calcistico, producendo di fatto una generazione di fenomeni. Dall’altra influisce sul mondo del calcio usando i club per riciclare denaro sporco.

Il documentario racconta i rapporti di sudditanza e ammirazione dei giocatori con Pablo Escobar, le visite di cortesia, le partite organizzate per intrattenerlo, organizzate perfino in carcere; racconta le varie fasi della carriera di Escobar: la discesa in campo per evitare i processi, gli investimenti nel calcio, il rapporto con la gente, il passaggio alla guerra aperta con lo stato, l’uso delle bombe, la perdita del potere assoluto sulla criminalità organizzata colombiana, e infine la morte.

Di Andrés invece vediamo naturalmente il grande esempio di sportività, il giocatore che faceva beneficenza, il leader naturale, ma vediamo anche l’uomo che sentiva di dover girare per le strade, “fra la sua gente”, dopo aver ricevuto minacce di morte per l’autogol, l’uomo che incoraggia un compagno di squadra a rimanere con la nazionale e giocare per la patria dopo la notizia, arrivata durante i mondiali, che il fratello era stato ammazzato.

Il documentario dà a intendere che Andrés è stato ammazzato perché la morte di Escobar aveva reso la Colombia più instabile, privandola della calma irreale che la vera malavita è capace di imporre. La nazionale era stata tormentata in vario modo durante i mondiali dai vari poteri e micropoteri in lotta per emergere in Colombia: tra le altre cose, l’allenatore Maturana aveva ricevuto minacce di morte – se non toglieva il posto da titolare a Gabriel Jaime Gomez l’avrebbero ammazzato.

The Two Escobar è un film incredibile: mi ha fatto rendere conto che non so nulla di niente, che in quanto consumatore di intrattenimento io penso di vedere una squadra che scende su un campo rettangolare e che in maniera prevedibile mette in scena delle coerografie secondo le possibilità offerte dalla fisica e dal regolamento, ma sto in effetti guardando degli alieni, delle persone di un altro mondo, gente che non partecipa davvero al mio immacolato mondo di asettico ingrasso informativo: mentre io aspetto fra una partita e l’altra, quelli vanno a trovare i boss in carcere, si fanno amare da intere nazioni, mediano nei sequesti di persona, escono la sera per farsi sparare.

 

Muhammad and Larry

Altro picco della serie, il documentario di Albert Maysles sugli ultimi fuochi della carriera di Ali, nel suo periodo Fat Elvis. Ingrassato, un po’ rincoglionito, Ali si allena in palestra davanti a un pubblico costante di bambini e adulti, li intrattiene in ogni modo, dicendo cose spaccone da Ali, guardandosi allo specchio, facendo giochi di prestigio con fiocchi, carte e bacchette. Intanto prova a rimettersi in forma per una sfida contro il suo erede, il sempre sottovalutato Larry Holmes. Tutto l’entourage di Ali, una corte di struggenti yesmen legati economicamente alla durata fuori tempo massimo della carriera del loro capo e idolo, rimane ambiguo sulla possibilità che Ali possa superare, a 38 anni, il 30enne Holmes, che cominciò come suo sparring partner. Molto belle le interviste a Holmes invecchiato: un pimpante underdog molto simpatico, ancora col dente avvelenato per essere stato il primo campione americano dopo Ali, ed esser quindi rimasto alla sua ombra perché non ne aveva la personalità esagerata. Ali a quarant’anni è comunque bello e seducente come un politico americano, e in quasi tutto il documentario ha i baffi.

 

African-american Studies.
C’è poi un certo numero di documentari che raccontano il rapporto fra opinione pubblica americana, sport e culture e sottoculture nere.

 

June 17, 1994

Il giorno in cui O.J. Simpson scappa con la macchina, inseguito dalla polizia sulle superstrade, minacciando via telefono di suicidarsi, nell’America sportiva sta succedendo di tutto: si giocano i Mondiali, il campione di golf Arnold Palmer gioca la sua ultima partita, i New York Rangers vincono la Stanley Cup dopo decenni, i Knicks sono in finale NBA contro gli Houston Rockets.

Run Ricky Run

La storia di Ricky Williams, talento del football ritiratosi a metà anni zero dopo l’ennesimo stop per marijuana, finito da solo in una capanna con i propri disturbi della personalità, a cercare di mettere ordine alla propria vita lontano dal soffocante amore e disamore dei tifosi e dei media. Il regista, un amico, lo segue per anni tra varie trasformazioni, tra pomeriggi fattissimi e corsi di yoga, tra i tentativi di diventare un guaritore e quelli di tornare a giocare da professionista.

The U parla della squadra di football dell’università di Miami. Una serie di uomini duri che portano al successo una squadra eternamente perdente e diventano gli idoli della città. Le loro gesta vengono cantate da 2 Live Crew, e anni dopo si comincia a sospettare che il rapper pagasse di tasca sua i ragazzi – che per legge non possono essere pagati come atleti universitari – per ogni avversario che infortunavano e ogni giocata spettacolare in genere.

Without Bias

Len Bias, enorme talento universitario della generazione di Michael Jordan, muore dopo essersi fatto di coca la sera dopo essere stato scelto dai Boston Celtics al draft.

Straight Outta L.A.

Come in The U, anche qui si parla di football e rapper, ma a un livello più grande: si racconta del passaggio da Oakland a Los Angeles dei cattivissimi Raiders, vestiti di nero e argento, con lo stemma del pirata, e di come gli N.W.A., i primi gangsta rapper, la posse di Dre e Ice Cube, abbiano fatto guadagnare un sacco di soldi alla squadra in merchandise. Al punto che a un certo momento la squadra di hockey di Los Angeles, i Kings (che peraltro settimana scorsa hanno vinto le finali), cambia i suoi colori da un inutile verde al nero e argento, con telefonata preventiva al capo del merch dei Raiders per chiedere: vi scoccia?