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Orientarsi nell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica

Tutto è difficile da decifrare, e sarà così fino al giorno in cui inizieranno le votazioni in parlamento. Ma ci sono alcuni fattori di cui tenere conto per capire le mosse delle forze politiche: ecco quali.

di Claudio Cerasa

Ok: non si capisce nulla, non c’è niente di chiaro, le informazioni arrivano condizionate dalle veline, ogni leader ha un suo candidato, ogni candidato ha un suo percorso, ogni giorno spunta un nuovo candidato, ogni partito propone un suo metodo e a pochi giorni dall’elezione decisiva del successore di Giorgio Napolitano la partita sul Quirinale è appassionante e confusa, caotica ed eccitante. Ma al di là dello spin, le cose sicure sono poche e solo all’ultimo, solo il 28 gennaio, si capirà qualcosa di più rispetto al frutto delle mediazioni tra Pd, Ncd, Forza Italia e compagnia. Alcune cose sul dossier relativo al capo dello stato si possono però cominciare a mettere in fila e per capire come orientarsi in questa fase caotica un paio di certezze e un paio di punti fermi ci sono. Sono dieci. Proviamo a elencarli.

1 — Renzi ha detto di volere “un arbitro e non un giocatore” e la frase va interpretata in un modo preciso: il candidato che Renzi proporrà ai suoi alleati e al suo partito sarà un candidato che, a prescindere dal suo essere tecnico o politico, dovrà avere la caratteristica di non avere truppe in Parlamento.

2 — Il profilo immaginato da Renzi rispetto al successore di Napolitano è più simile a quello immaginato da Berlusconi che a quello immaginato dal Pd, e anche per questo sarà molto difficile che il prossimo capo dello stato provenga dalla vecchia sinistra del Pd: un uomo di centro, o un uomo con una tradizione democristiana alle spalle, è da questo punto di vista una mediazione accettabile (ancora di più, poi, se quest’uomo è esterno al Pd) e a meno che non riesca il miracolo di Bersani (di cui però Renzi non si fida), altre soluzioni sono complicate se non impossibili.

3 — Da qualche parte, in una qualche fessura, Renzi ha bisogno che il suo candidato sia in sintonia con la narrativa del cambiamento – ci deve essere qualcosa di renziano nel nome del successore di Napolitano – e per questo è lecito aspettarci che fino all’ultimo il segretario del Pd proverà a trovare un candidato almeno sotto i settanta anni (l’età, ovviamente, è il requisito più semplice da ricercare, e considerando che Napolitano si è dimesso da novantenne per Renzi non dovrebbe essere troppo complicato proporre qualcuno che possa essere identificato nella categoria dei possibili rottamatori).

4 — Il centro, inteso come soggetto politico fumoso e confuso che gravita attorno all’universo di Alfano, degli ex Udc e di un pezzo di Forza Italia, ha un candidato forte di cui nessuno parla mai ma che ha una sua forza e che corrisponde al nome di Pier Ferdinando Casini.

5 — Una partita molto delicata per la successione di Napolitano si gioca nei primi tre turni, quando cioè sarà necessario raggiungere i due terzi e non la metà dei voti presenti nell’assemblea dei grandi elettori. La tentazione di Renzi è quella di votare scheda bianca nei primi tre turni, e giocarsi tutto tra la quarta e la quinta votazione, ma la tentazione potrebbe essere messa in discussione da un fatto preciso: la minoranza del Pd, insieme con pezzi di Forza Italia, dei 5 stelle e di Sel, potrebbe sfruttare l’occasione per presentare un candidato alternativo al patto del Nazareno per trovare una convergenza su un nome poco renzian-berlusconiano.

6 — Giuliano Amato e Sergio Mattarella sono stati effettivamente sondati entrambi da Palazzo Chigi per il Quirinale ma essendo i due nomi di cui si parla di più in queste ore, è molto probabile che non abbiano la possibilità di uscire da Papi dal conclave dei grandi elettori. Amato (di cui Renzi non ha mai parlato male in vita sua, provate a cercare su Google News) e Mattarella (il cui figlio lavora al ministero delle riforme con Maria Elena Boschi) sono entrambi candidati forti ma dalla loro hanno due problemi: il primo difficilmente potrebbe essere presentato da Renzi come il perfetto rottamatore; il secondo, oltre alla scarsa esperienza internazionale, ha 74 anni e difficilmente potrebbe essere presentato anche lui da Renzi come il perfetto rottamatore quirinalizio.

7 — Napolitano non conta molto in questa fase, se non perché il suo voto si va aggiungere alla platea dei grandi elettori come senatore a vita, ma ha offerto a Renzi un profilo preciso rispetto al suo possibile successore: un politico in continuità istituzionale con gli attuali vertici dello Stato, che non abbia avuto in passato alcun tipo di ruolo di leadership politica di primo piano. Difficile dire cosa significhi esattamente ma il profilo è questo e bisogna tenerne conto.

8 — D’Alema è misteriosamente tornato molto attivo rispetto alla sfida del Quirinale e ha deciso di puntare su due carte. La prima carta (anche da contrapporre alla candidatura di Veltroni) è quella di Piercarlo Padoan. La seconda carta è quella di Giuliano Amato (ex numero della fondazione italiani Europei, di cui D’Alema è fondatore).

9 — All’interno di Palazzo Chigi, tra i consiglieri di Renzi, ci sono molte sensibilità diverse rispetto alla partita quirinalizia. La battaglia è tra i fiorentini e i non fiorentini. I non fiorentini sognano di portare un emiliano al Quirinale (Castagnetti è solo un modo per coprire la carta vera, che è Delrio). I non fiorentini (tendenza Lotti) non vogliono Delrio e hanno pensato (ipotesi difficilissima) a una carta a sorpresa che coincide con il nome di Giovanni Legnini (idea di Lotti e Speranza).

10 — La partita del Quirinale ha fatto emergere molte dinamiche importanti che da tempo vivevano sotto la superficie del dibattito parlamentare. Una di queste riguarda gli assetti futuri del centrodestra. E considerando che Alfano (Ncd), Berlusconi (FI), un pezzo di Lega (quella tendenza Calderoli) e il centro (Casini e compagnia) si muovono come se fossero un blocco compatto, non è difficile immaginare che la scelta del capo dello stato, anche in vista delle prossime regionali, sarà un terreno di gioco importante per capire che speranze avrà il centrodestra nel prossimo futuro di vivere e resistere insieme all’armata renziana.