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L’uomo che salvò il mondo senza far nulla

La storia di Stanislav Petrov si svolge il 26 ottobre 1983 in un bunker dell’esercito sovietico poco al di fuori di Mosca, ed è del tutto particolare. A guerra fredda ancora lontana dal crollo del Muro, Petrov era di guardia all’interno di Serpukhov-15, l’ufficio da cui presidiava il sistema Oko, quello programmato per avvisare preventivamente l’URSS di un ipotetico attacco americano.

Quel giorno parve che il suddetto attacco si fosse improvvisamente materializzato. Poco dopo mezzanotte le campanelle d’allarme si misero a suonare e le mappe sui monitor lampeggiavano a tempo con la scritta rossa «LANCIO». Nessuno avrebbe dubitato che si trattasse di un vero attacco americano: appena tre settimane prima i sovietici avevano abbattuto un volo di linea sudcoreano che era entrato per errore nel loro territorio, causando un irrigidimento fra i due blocchi e una dura reprimenda della NATO.

Stanislav Petrov, invece, lo fece: si disse che il sistema stava sbagliando. Ebbe una «sensazione strana nel mio intimo», come ricorda oggi, basata principalmente sul buon senso che gli faceva dubitare che gli Stati Uniti avessero attaccato con soli cinque missili – come riportava il sistema. Preso il coraggio a due mani, riportò ai suoi superiori di un falso allarme. E, con ogni probabilità, salvo il mondo dal prodromo di una guerra nucleare.

Oggi, a distanza di trent’anni, minimizza, ma senza un po’ d’orgoglio:  «Era il mio lavoro. Ma sono stati fortunati che ci fossi io di turno quella sera».

(via)

 

Nella foto: Stanislav Petrov oggi è in pensione. Vive in una cittadina poco lontana da Mosca.