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La “non recensione” di De Majo, da Studio al Corriere

Oggi sul Corriere della Sera Paolo Di Stefano, nella sua rubrica Il piccolo fratello, riprende un pezzo scritto da Cristiano De Majo qui su Studio dedicato al tema del rapporto fra recensore e recensito. Scriveva De Majo:

Domanda: è deontologicamente corretto recensire una persona? Non intendo quello che facciamo tutti più o meno tutti i giorni (es. “Certo che Marco è proprio uno stronzo”), quello che intendo è recensire un libro a partire dalla simpatia o antipatia umana che si prova per il suo autore, specie nel caso se ne abbia conoscenza diretta. Il recensore non dovrebbe farsi influenzare, certo, ma quanti recensori possono dire di non essersi mai fatti influenzare in senso positivo o negativo dalla conoscenza dell’autore? Non ho statistiche precise, ma molte voci amiche nel corso del tempo mi hanno spifferato i retroscena umani di questa o quella recensione. Sono storie che sarebbero degne di inaugurare il filone cultural-giustizialista di Recensopoli.

Di Stefano riprende il tema ripartendo proprio dalle riflessioni di De Majo, e scrive:

Non conviene conoscere gli scrittori, specie se poi ci si propone di recensirli. Il critico e scrittore Cristiano De Majo nel sito rivistastudio.com confessa che avendo conosciuto Diego De Silva anni fa in una squallida pizzeria di Salerno e avendolo trovato piuttosto antipatico, finirebbe per stroncare a priori qualunque suo libro. Dunque preferisce desistere […]
Ma l’amicizia, intesa anche come affinità elettiva disinteressata, è una funzione costante nella letteratura: basti pensare all’intesa fra Montale e Landolfi, alla corrispondenza fra Contini e Gadda, alla consonanza fra Garboli e Soldati, alla vicinanza fra Gramigna e Ottieri. Ne vennero fuori splendide recensioni, èerché ogni volta il critico si spingeva oltre, cercando di capire di più, inquadrare meglio, aggiungere distinguo e argomenti. […]
Anche le antipatie, capovolgendo l’ottica di De Majo, possono avere un’origine esclusivamente letteraria, senza implicazioni personali. […]

Insomma, questione aperta. È giusto o meno recensire un libro partendo da cosa si prova per l’autore?