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Il boom di Twitter in Borsa? Nulla in confronto alla bolla dot-com

Ok, l’IPO di Twitter è stata un successo. La compagnia di Jack Dorsey e soci, com’è noto, ieri è diventata pubblica, quotando sui listini del New York Stock Exchange azioni (denominate TWTR) per un valore di quasi due miliardi di dollari. Non solo: il prezzo di contrattazione è passato dai 26 dollari del collocamento ad un picco di 50, per poi chiudere la giornata alla stratosferica quota 44 dollari.

Molti, in preda all’entusiasmo, hanno visto nell’operazione un nostalgico ritorno all’era della bolla delle dot-com, che nel 1999 aveva stupito il mondo. Il Wall Street Journal, ad esempio, ha titolato un pezzo di commento con un eloquente “Tech Valuations Stir Memories of 1999“, mentre Fox Business si è chiesta direttamente “Back to 1999? Twitter’s Financial Metrics Mirror Bubble-Era IPOs.

In realtà, dando un’occhiata ai dati delle IPO di quei giorni di fine anni Novanta, le cose andavano molto diversamente. Questa tabella, tratta da un libro di Arvin Ghosh dedicato alla materia, dimostra come i prezzi di offerta, quelli di apertura del primo giorno e i ricavi surclassassero i pur ottimi risultati raggiunti di Twitter.

L’incremento di valore del 75% rispetto al dato originario delle azioni TWTR non può gareggiare con questi numeri. Altri tempi, verrebbe da dire, e nemmeno confinati ai primi giorni di contrattazioni: la Red Hat, una società che sviluppa software open-source basato su Linux, vide il suo valore aumentare del 1400% da giugno a dicembre del 1999.

La seconda azienda della lista, FreeMarkets, Inc, venne invece venduta a 200 milioni di dollari nel 2004. Ma prima dello scoppio della bolla c’era stato un momento in cui, pur con dimensioni ridotte e poca esperienza operativa, aveva raggiunto un valore di 13 miliardi di dollari.

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