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Chi ha pagato per dei finti manifesti pro-Nsa a New York e San Francisco?

Nei giorni scorsi gli abitanti di Broadway, arrivando all’incrocio con la 27esima strada, si sono trovati davanti a uno spettacolo insolito: un grande manifesto a sfondo bianco, con poche parole scritte in caratteri neri, a dirla tutta un po’ inquietanti: «Internet dev’essere regolato». Lo stesso è successo a due passi dal cuore della Silicon Valley, lungo la statale 101 (quella che collega lo Stato di Washington alla California), dove sono apparsi cartelloni analoghi: «I tuoi dati devono appartenere alla NSA» e «Gli artisti devono stare alle regole».

Per quanto fosse chiaro fin dal principio che si trattava, in ambo i casi, di una campagna pubblicitaria con un riferimento allo scandalo che ha coinvolto la National Security Agency americana, sono iniziate subito le speculazioni sui possibili titolari dell’operazione. Fra i possibili nomi, è spuntato anche quello di BitTorrent, il popolare portale di torrent. Alla fine, oggi si è rivelato essere quello giusto.

Matt Mason, vice capo della sezione marketing di BitTorrent, ha dichiarato in un comunicato ufficiale sul blog della compagnia: «Abbiamo messo questi cartelloni a New York, Los Angeles e San Francisco perché volevamo ricordare al mondo cos’è a rischio col world wide web».

La filosofia di BitTorrent sulla suddetta materia è molto diversa: com’è noto, il network si basa sulla condivisione di file fra utenti a cui viene garantito un sostanziale anonimato. Mason ha scritto: «Questa è la generazione che deciderà se fare di Internet uno strumento di controllo o una piattaforma di innovazione e libertà. Una rete Internet libera e aperta è una forza di cambiamento, creatività; la spina dorsale di una società dove i cittadini sono azionisti, non set di dati».

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