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Come la scienza ha salvato Prometheus

C’è un momento nell’attesissimo (e ritardatario) prequel di Alien, il chiacchierato Prometheus, in cui, su una sconosciuta Luna, uno scienziato si toglie il casco come se nulla fosse. Come ci si toglie l’elmetto non omologato quando si scende dal cinquantino. E no, non gli esplodono gli occhi, non gli si gonfia la testa, non muore soffocato. Perché può respirare. «È fiction» direte voi, «hanno fatto uno strappo alla regola per non fargli tenere un casco addosso per tutto il film».

Invece no. Spiega il Washington Post che ci sono dei fondamenti scientifici anche per una simile apparente follia. D’altronde Ridley Scott è un professionista, e si è affidato alla Science and Entertainment Exchange, un’agenzia nata a Los Angeles nel 2008 che si occupa di fornire consulenza scientifica di primo livello a Hollywood. Per Prometheus il regista di Blade Runner si è affidato al consultant Kevin Hand, astrobiologo della NASA. Hand ha teorizzato la possibile esistenza di certe “pockets of oxygen”, sorta di sacche isolate di ossigeno, su pianeti alieni, salvando, di fatto, la verosimiglianza della pellicola.

L’idea di creare la Science and Entertainment Exchange è nata dall’unione delle forze del regista Jerry Zucker e del presidente della National Academy of Sciences Ralph J. Cicerone. Zucker si rese conto di una strana “paura” nei confronti della ricerca scientifica durante il suo impegno a favore della ricerca sulle staminali. Collegò l’irrazionale timore a Hollywood e alla creazione del topos, ormai entrato largamente nella mentalità comune, dello scienziato pazzo (il primo Frankenstein è datato 1931), e decise di fare qualcosa per “combattere” la generale disinformazione cinematografica nei confronti del mondo scientifico.

In questi quattro anni l’associazione ha collaborato anche con serie tv, come Bones e The Big Bang Theory.

(via Washington Post)