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Chi è Gigi Gaston?

Gigi Gaston, resa protagonista da un artista americano, Josh Gosfield, di una nostalgica mostra allestita a Torino presso la galleria Claudio Bottello Contemporary, è uno di quei personaggi che si ha l’impressione di aver già visto e conosciuto, ma non si sa bene come e quando. Con Gigi si torna infatti indietro alla Parigi dei Sessanta, anni in cui sbocciavano in Francia i fiori adolescenti dello yè-yè, ragazze che bisbigliavano nei microfoni i sommessi inni della gioventù inquieta, divisa fra la nostalgia per le bambole e le voglie dell’amore. Françoise Hardy, France Gall, Sylvie Vartan sono alcuni fra i nomi di yè-yè girls incredibilmente famosi all’epoca e che ormai solo pochi cultori ricordano. La più celebre e la più dimenticata di tutti è senz’altro Gigi Gaston, vera stella di prima grandezza nel firmamento dei rotocalchi europei.

Vita tormentata e avventurosa, dalla nascita in una famiglia di zingari in Bulgaria, perseguitati dal regime comunista, all’adozione da parte di una ricca famiglia parigina, al primo amore col fratellastro Etienne in una romantica Parigi di stanze sotto i tetti, fino al successo con un serie di 45 giri indimenticabili come Je suis perdue, per il quale Jean Luc Godard realizza un proto videoclip. Trionfo e dolore si uniscono la sera in cui è consacrata all’Olympia e perde Etienne in un incidente stradale. Da quel giorno diventa “il fiore nero”, dal titolo del romanzo La fleur noire che Françoise Sagan le dedica. Si chiude la fase di idolo dei ragazzini e comincia quella di regina della stampa scandalistica: vive una relazione proibita con l’attore e playboy italiano Giorgio Fortuna, che culmina con un figlio e il matrimonio e termina drammaticamente quando Gigi, non sopportando più i tradimenti del bel Giorgio, gli spara per la strada a Roma. Clamorosamente assolta dal crimine passionale, scompare nel 1972 e di lei si perde ogni traccia.

Perché non ce la ricordiamo? Perché non è mai esistita.

Josh Gosfield, artista di New York, affascinato da ogni aspetto della cultura pop, in particolare europea e latina, illustratore e grafico con una lunga esperienza in pubblicità e per riviste come New York Magazine, Time, New Yorker, Newsweek, Esquire, ha infatti inventato Gigi Gaston di sana pianta, ricreando la sua vicenda con una cura puntigliosa del particolare: tutto sembra plausibile e realistico perché Gigi non è che un pastiche delle vite e delle vicende artistiche delle yè-yè girls realmente esistite: espatriata bulgara come la Vartan, come lei segnata da matrimoni difficili e incidenti stradali, canta nello stile della Hardy, e se Bob Dylan non può aver scritto di Gigi, come appare in una delle tante fantastiche citazioni nel catalogo (altre di David Bowie, Keith Richards, John Lennon, Norman Mailer), è vero invece che il menestrello ha citato la Hardy in una sua poesia. E avanti così in un vertiginoso gioco di rimandi fra realtà e finzione che si può apprezzare nel catalogo, in forma di magazine, della mostra “Gigi the Black Flower” in corso alla galleria Claudio Bottello Contemporary di Torino. In esposizione grandi stampe che raffigurano le innumerevoli copertine di dischi, prime pagine di rotocalchi e riviste, pubblicità e foto tutte dedicate a Gigi e ricreate in impeccabile stile d’epoca, ricorrendo al collage di vecchie riviste italiane, francesi, inglesi di cui Josh ha fatto incetta su eBay. Il progetto però copre più media, ed è straordinario il video in cui Gosfield è riuscito a creare una mimesi perfetta dello stile nouvelle vague di Godard, mentre un altro video, trailer del mockumentary su Gigi, rivela qualche altro segreto su questa figura misteriosa. Spiritoso, accuratissimo e intelligentissimo, questo lavoro di Josh Gosfield rende il pubblico divertito complice di una enorme messinscena, in cui è presente sottotraccia la riflessione sul ruolo dei media nella creazione della fama. E così Gigi, che non abbiamo mai conosciuto perché non è mai esisitita, risulta talmente autentica che finiamo volentieri per ricordarla come è più che se fosse vera.

Francesco Satta

Fino al 30 giugno presso Claudio Bottello Contemporary, via Bogino 17h, Torino