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C’è un futuro per il Washington Post?

 

Dal WSJ al WashPost

Marcus Brauchli è arrivato alla Washington Post Co., la società che possiede l’omonimo quotidiano, nel 2008 come direttore esecutivo. Era da 70 anni che quella carica non veniva assegnata a un “esterno” non formatosi nelle pagine del giornale della capitale degli Usa. Brauchli ha sofferto per molto tempola reputazione da “estraneo” nella vita del giornale – una situazione peggiorata dal suo passato al Wall Street Journal – ed è stato spesso accusato di non essere in grado di entrare in armonia con il Washington Post, ovvero lo stesso giornale che era stato chiamato a salvare.

Il Post è in profonda crisi da molti anni: il web prima e la Grande recessione poi hanno falcidiato le vendite e la vendita di spazi pubblicitari. Un problema noto globalmente che però a Washington è presto divenuto un dramma: se un tempo la redazione contava 1000 persone, ora – dopo tagli, prepensionamenti ecc. – i giornalisti sono 640, e le redazioni esterne di New York, Los Angeles e Chicago sono state chiuse. Scelte dolorose ma necessarie per il rilancio del quotidiano che ora, ha spiegato Jeremy Peters con un lungo articolo sul New York Times, punta tutto sul coordinamento tra sito e carta. I primi punti di contatto tra la redazione tradizionale, del cartaceo, e quella digitale sono stati creati solo a metà 2009 – in netto ritardo rispetto alla concorrenza del NYTimes o dell’inglese Guardian, dove la sinergia tra media era già realtà.

Un’altra questione aperta è la copertura delle news nel nuovo millennio: il Post ha da sempre una grande tradizione legata alla cronaca locale, che però è ora messa in discussione in favore di una maggiore apertura. C’è anche la tentazione a occuparsi di più argomenti possibili, un qualcosa che va del tutto contro la tradizione del WaPo, che si è sempre concentrato su pochi settori, puntando al massimo della  qualità. Ricordi lontani, spiega Robert Kaiser, firma storica del giornale dai primi anni Sessanta:

Quando ero managing editor, tutto quello che facevamo era migliore di qualunque altra cosa nel settore. Avevamo il miglior meteo, i migliori fumetti, le migliori notizie (…). Oggi c’è un competitor per ciascuno di questi elementi e molti di loro lo fanno meglio di noi.

La nuova vita del Post si basa quindi sul sito, che può sfruttare il paywall del NYTimes.com e ha infatti cominciato a produrre più contenuti, con un sistema che permette di valutare i risultati parziali della giornata, toccando quindi l’argomento giusto al momento giusto (tramite un’analisi delle parole chiave più cliccate su Google, per esempio). Recentemente ha toccato 19,6 milioni di utenti unici al mese: un ottimo risultato che ha spinto il WashingtonPost.com al secondo posto della classifica dei siti di giornali più visitati, dopo il Times stesso.

Come ha detto lo stesso Kaiser, “l’istituzione [del Post, nda] potrebbe non sopravvivere” ma la chiave per rinascere potrebbe essere proprio quella scelta da Brauchli: puntare sui grandi numeri tipici dell’online e, al contempo, su un pubblico di nicchia, ricercato e specializzato.