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I video di propaganda in Siria sembrano dei videogame

In Siria si stanno producendo sempre più film propagandistici in cui ritornano assunti e tecniche stilistiche tipici dei videogiochi di guerra. Il corto Rage Wind, ad esempio, prodotto dal gruppo di miliziani ribelli Ahrar al-Sham, rappresenta appieno questa tendenza: realizzato utilizzando videocamere GoPro e droni, la pellicola documenta un’offensiva nei pressi di Aleppo contro le forze governative del Paese, ripercorrendo l’esperienza di tre combattenti prima, durante e dopo la battaglia.

Le riprese sono state fatte dal punto di vista dei singoli miliziani, a cui si affiancano dei take che mostrano l’area del conflitto dall’alto, così come accade nei videogame. Il corto prodotto da Ahrar al-Sham evita il sangue e la violenza tipici dei filmati dell’Isis, ma imita lo stile narrativo dei film di guerra tradizionali. Secondo quanto riporta The Intercept, anche diversi esperti di propaganda nei conflitti confermano che questo approccio riflette l’estetica dei videogame di guerra. 

Cori Dauber, professoressa di comunicazione dell’Università del Nord Carolina, ha descritto Rage Wind come «un tentativo per promuovere una particolare narrazione degli eventi in Siria, nonché di reclutare nuovi giovani miliziani» cresciuti con i videogiochi. «La cosa sorprendente di questo film è che gli attori rompono deliberatamente la cosiddetta “quarta parete”, mostrando cioè le telecamere allo spettatore e facendogli capire com’è stato prodotto», ha commentato Dauber.

Questo genere di documentari si è evoluto rapidamente in Siria e più in generale in Medio Oriente, grazie anche alla capillare diffusione di strumenti a basso costo per fare video di qualità medio-alta: «La propaganda di guerra è cambiata con i cambiamenti tecnologici; ora è diventano un mezzo accessibile anche ai singoli» – ha dichiarato in proposito Mark Robinson, direttore del Multimedia Lab dell’Università del Nord Carolina – «e questo significa che il controllo delle immagini non è più esclusivamente nelle mani dei governi».