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Sul New York Times Michiko Kakutani esalta il nuovo romanzo di DeLillo

Per Michiko Kakutani, che l’ha recensito il 25 aprile sul New York Times, Zero K, il nuovo romanzo di Don DeLillo, è «il più convincente dai tempi del capolavoro Underworld». La famosa e temuta critica definisce il romanzo una sorta di «fermalibro» di Rumore bianco: laddove il primo era satirico e intriso di una comicità cupa, questo è triste e futuristico.

I due personaggi centrali del romanzo programmano per se stessi una morte indotta chimicamente per essere ibernati e conservati in un compound con l’idea di risorgere un giorno, quando si potrà rinascere “migliorati” e con un bagaglio di memorie a scelta: «Romanzi russi, film di Bergman, Kubrick, Kurosawa, Tarkovsky».

zero-k-9781501135392_hrPer Kakutani, se l’inizio di Zero K può ricordare gli ultimi e non troppo memorabili romanzi  (Point Omega del 201o, Falling Man del 2007 e Cosmopolis del 2003), che avevano rappresentato un cambio di rotta per lo scrittore, che aveva trasformato il suo «senso tattile per la vita contemporanea in una meditazione stilizzata e astratta su identità e destino», a circa un terzo il libro cambia marcia e DeLillo inizia finalmente a utilizzare di nuovo il suo radar per le assurdità e le chimere della vita moderna.

La storia progressivamente si concentra sul rapporto e lo scontro tra scienza e religione in un mondo funestato da guerra e terrorismo che cerca nella tecnologia una salvezza. Ma allo stesso tempo Zero K possiede anche una parte profondamente emotiva legata al rapporto tra il narratore Jeffrey e suo padre, una relazione che ricorda il rapporto di Nick Shay, protagonista di Underworld, con suo padre.

Sembra infine, scrive ancora Kakutani, che tutti i temi che hanno attraversato i libri dello scrittore italo-americano siano confluiti in Zero K: dal potere seduttivo della tecnologia e dei media, al fascino del denaro e alla paura del caos: «Il romanzo non possiede e non aspira ad avere l’andamento sinfonico di Underworld; suona più come un pezzo di musica da camera» ma ci ricorda la peculiare capacità di DeLillo di «comprendere le strane e distorte forme che le preoccupazioni umane possono assumere nel nuovo millennio».