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Perché ci sono così tante lingue al mondo

Attualmente la nostra specie parla circa settemila lingue separate: il progetto Ethnologue ne ha mappate 6909, se vogliamo essere precisi. Da tempo gli studiosi cercano di capire i processi che hanno spinto l’umanità a produrre una tale quantità di idiomi. Un dato interessante sta nel fatto che, come dimostrato da vari studi, la diversità linguistica varia a seconda della latitudine: «Più ci si avvicina all’equatore, maggiore il numero delle lingue che si trova in una data area», come spiega Michael Gavin della Colorado State University. «Tuttavia questo dato non ci dice molto sul processo che porta alla diversità linguistica», prosegue il ricercatore: «Ci sarà anche una correlazione tra la latitudine e la diversità linguistica, ma non è certo la latitudine a crearla».

Per capire, dunque, come nasce e si sviluppa la diversità linguistica, un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for the Science of Human e di altri istituti ha provato a sviluppare un modello matematico da applicare alle lingue native dell’Australia, ovvero gli idiomi precedenti all’arrivo degli europei. Gavin, che è specializzato proprio nell’interazione tra umani e risorse naturali e che ha preso parte nella ricerca, ha spiegato la rilevanza della loro ricerca in un articolo divulgativo apparso prima su The Conversation (un sito dove accademici scrivono articoli divulgativi per il grande pubblico) e poi ripubblicato dal New York.

lingue australia

Il modello partiva dalla considerazione che gruppi di popolazioni diverse tendono a sviluppare linguaggi diversi; che gli esseri umani tendono a «riempire gli spazi vuoti»; e che esiste un numero di persone che una popolazione non deve superare affinché «i benefici rappresentati dal gruppo non superino i costi» (nelle società di cacciatori e raccoglitori, infatti, gruppi troppo grandi rischiano di esaurire le risorse naturali) e che quando questa soglia viene superata i gruppi tendono a dividersi in due gruppi, che nel tempo sviluppano idiomi diversi. A questo si aggiunge che la densità delle precipitazioni atmosferiche in Australia varia molto da regione a regione, e che gli umani tendono a prediligere le zone meno aride, dunque la soglia di numero massimo viene superata più rapidamente laddove piove di più: è in queste zone che le lingue tendono a dividersi, e dunque a moltiplicarsi, più rapidamente. Confrontando questi dati, i ricercatori hanno messo a punto un modello per “predire” la genesi del numero di lingue in Australia. Il risultato è stato sorprendente: il modello ha prodotto 407 lingue, avvicinandosi moltissimo al numero di lingue aborigene note, che sono 406.

In parole semplici, lo studio Max Planck aiuta a capire «perché gli esseri umani parlano così tante lingue» e perché queste lingue «sono distribuite in modo tanto disomogeneo sul pianeta». Dimostrando tra le altre cose che, più della latitudine in sé, è stato il livello delle precipitazioni, cioè l’ospitalità del clima, a contribuire alla nascita di nuove lingue. Una fragilità del modello, spiega però l’autore dell’articolo, sta nel fatto che non tiene conto delle influenze esterne, cioè della nascita di nuovi linguaggi come risposta all’incontro di due popolazioni. Tuttavia il punto principale sembra essere che l’enorme varietà linguistica del genere umano deriva proprio da fattori antecedenti alle contaminazioni moderne, e cioè dal fatto che i nostri antenati cacciatori e raccoglitori dovevano vivere un gruppi relativamente piccoli.

Nell’immagine: Mumbai, India, gennaio 2014: l’entrata di un hotel con la parola “ciao” scritta in varie lingue (AFP/Getty Images)