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Lo street food hawaiano (e il poke) alla conquista del mondo

Dopo l’affermazione mondiale del sushi, dopo il ritorno dei carpacci mediterranei, dopo il successo del ceviche peruviano, è la volta del poke: l’insalata di pesce crudo delle Hawaii sta lentamente ma progressivamente conquistando il suo posto al sole nei food trend globali. Come riporta Bloomberg, nell’ultimo biennio gli Stati Uniti hanno assistito all’apertura di più di 300 ristoranti che preparano il piatto tipico hawaiano.

Il poke è un piatto dalla preparazione molto semplice: pesce – tonno o salmone, di solito – crudo tagliato a cubetti condito con avocado, edamame, alghe e noci, servito insieme a riso e verdure miste. Per spiegare la sua affermazione, Bloomberg ricorda che è una pietanza fresca, ad alto contenuto di proteine e dai prezzi contenuti (una scodella di poke costa attorno ai 13 dollari), che unisce l’allure della cucina giapponese all’appagamento del cibo di strada. Ma non è soltanto questo: «Uno chef che vuole una cucina decente dovrà sborsare 500 mila dollari solo per quella», ha dichiarato Leslie Siben, impresario immobiliare attivo nel settore ristorazione a New York. Per il poke, invece, bastano due prese elettriche: una per cuocere il riso, l’altra per conservare il pesce.

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L’unico problema all’orizzonte è la reperibilità di pesce fresco: il tonno di alta qualità, ad esempio, in America è sempre meno disponibile, e i suoi prezzi stanno aumentando vertiginosamente. Ma questo non ferma la pokemania: Sweetcatch Poke, sito davanti al Citigroup Center sulla Cinquantatreesima strada, dice di vendere 800 bowls ogni giorno; a Drew Crane, ex Asset manager di Goldman Sachs, è bastata una vacanza alle Hawaii per fiutare l’affare e decidere di rendere gli spazi di un’ex gioielleria di Chelsea il ristorante Wisefish Poke.

Immagine in testata Getty Images; in evidenza Sweetcatch.