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La linea dura del Belgio su chi rientra dalla Siria

I cittadini belgi di ritorno dalla Siria sono «sistematicamente incarcerati» quando ritornano in patria, scrive Le Soir, una delle principali testate belghe, all’indomani degli attacchi di Bruxelles. È una prassi da mesi ormai, resa possibile da una riforma del diritto penale la scorsa estate, e presto potrebbe essere rafforzata dall’introduzione di nuove norme.

Il Belgio infatti ha un alto numero di foreign fighters, cittadini che partono per la Siria per arruolarsi con l’Isis o altri gruppi radicali. Un problema per la sicurezza locale si pone quando alcuni di questi combattenti rientrano, e cominciano a svolgere attività terroristiche in patria. Questa infografica di Le Soir aiuta a farsi un’idea.

Secondo l’antiterrorismo belga (l’OCAM,cioè Organe de coordination pour l’analyse de la menace) 451 belgi sono partiti per combattere la jihad in Siria e 117 sono rientrati. Il numero di per sé è inferiore a quello dei foreign fighters provenienti da Francia, Germania e Regno Unito ma in proporzione è altissimo, se si tiene conto che il Belgio è un Paese piccolo. «Per quelli che rientrano, la prigione è assicurata», scrive la testata francofona. Un avvocato spiega infatti che l’articolo 140 del codice penale entrato in vigore il 15 agosto del 2015 prevede il carcere chiunque rientri sul territorio nazionale dopo avere commesso atti terroristici. Presto potrebbe essere introdotta un’altra norma che parli più esplicitamente di «privazione automatica della libertà» per chi rientra dalla Siria.