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Kim Kardashian è un agente segreto?

L’Iranian Revolutionary Guards Corp, un’agenzia incaricata di “sorvegliare” la cultura patria e di impedire contaminazioni esterne, è seriamente preoccupata della popolarità di Kim Kardashian, in particolare sui social media. Come riporta IranWire, questa sorta di Buon Costume iraniana è profondamente contrariata dall’influenza della reality star di origini armene, colpevole di corrompere i costumi delle giovani ragazze musulmane.

Addirittura, si ipotizza un presunto legame segreto tra Kardashian e Instagram, il mezzo attraverso il quale la moglie di Kanye West diffonderebbe la sua cultura della decadenza. «La signora Kim Kardashian è una famosa modella con un grande seguito, così non è improbabile che il CEO di Instagram le possa aver chiesto di rendere determinati contenuti “nativi”. Sicuramente c’è un grosso compenso dietro. Prendiamo questa cosa molto seriamente», ha dichiarato il portavoce dell’agenzia Mostafa Alizadeh.

L’idea di Kim Kardashian nei panni di un agente segreto potrà far sorridere molti, ma le Guards non sono famose per il loro senso dell’umorismo. Dopo un’apparizione in un popolare programma televisivo, Honeymoon, la modella iraniana Elham Arab è stata “invitata” a cancellare dai suoi profili social tutte le foto in cui non indossava l’hijab, fino a cancellare il suo Instagram, mentre i produttori dello show si sono scusati pubblicamente per averla invitata. Arab aveva attirato le critiche dei media conservatori.

Queste azioni fanno parte di una più ampia Operation Spider 2 di un’unità nota come Organized Cyberspace Crimes Unit, che ha preso di mira le pagine Facebook e Instagram colpevoli di minacciare l’integrità della famiglia tradizionale e promuovere la promiscuità. Secondo i dati IranWire, sono stati vagliati almeno 350 profili, mentre 179 persone sono state “contattate” e 29 di loro sono già sotto procedimento penale. La soluzione che hanno trovato delle celebri influencers come la make-up artist Elnaz Golrokh? Emigrare a Dubai.

In testata: Kim Kardashian dopo la sua visita al memoriale del genocidio armeno a Yerevan, 10 aprile 2015, Karen Minasyan/AFP/Getty Images