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Cosa pensano gli israeliani di quello che sta succedendo a Gaza

Nell’ultimo mese ci sono state molte proteste nella Striscia di Gaza, nei pressi del confine israeliano, l’esercito israeliano ha reagito sparando (i primi giorni pallottole di gomma, poi munizioni vere e proprie) e il risultato è che, dal 30 marzo ad oggi, sono morti più di cento palestinesi. L’episodio più grave è stato quello del 14 maggio, quando l’esercito israeliano ha ucciso almeno 60 palestinesi. Nello specifico, la protesta del 14 maggio coincideva con lo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, però faceva parte di una serie più ampia di proteste organizzate, e chiamate “marce del Ritorno“: l’intenzione degli organizzatori era organizzare una serie di marce da Gaza verso il confine israeliano, in mezzo a due date simboliche per i palestinesi: il 30 aprile, cioè la “giornata della Terra”, e il 15 maggio, cioè la “giornata della Nakba”, o catastrofe, come chiamano la nascita di Israele. L’iniziativa, stando a quanto riporta Haaretz, partiva dai capi di alcune famiglie importanti da Gaza e da vari esponenti della società civile,  ma ha poi ricevuto il sostegno anche di gruppi estremisti come Hamas o la Jihad islamica.

Specie dopo la strage del 14 maggio, Israele è stato duramente criticato per avere reagito in modo sproporzionato alle proteste. La Turchia, per esempio, ha espulso il console israeliano a Istanbul. In Israele, però, l’opinione pubblica sembra sostenere la condotta dell’esercito. Il “Peace Index” è un progetto congiunto dell’università di Tel Aviv e dell’Israel Democracy Institute, un think tank di sinistra, che monitora l’opinione pubblica israeliana sugli argomenti di attualità. Ad aprile hanno condotto un sondaggio su un campione di 600 israeliani (tutti ebrei israeliani, va detto, non c’erano arabi israeliani) dividendoli per opinione politica chiedendo loro che cosa ne pensavano della decisione di sparare sui manifestanti palestinesi. L’opinione cambiava molto a seconda del partito politico di appartenenza, ma dominava comunque un clima di sostegno all’esercito.

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Tra i sostenitori di Yisrael Beitenu, l’estrema destra, il 100 per cento si diceva convinto che sparare sui palestinesi sia stata una buona idea, mentre tra gli elettori del Likud, il partito di Netanyahu, pensa lo stesso il 90 per cento degli intervistati. Anche il 70 per cento degli elettori laburisti (l’Unione sionista è la coalizione di cui fa parte il Labour) sostiene la politica di sparare. Tra gli elettori del Meretz, il partito pacifista, il 40 per cento si dice favorevole a quella politica. Va detto che il sondaggio è stato condotto prima della Strage di Gaza di cui si sono molto occupati i giornali occidentali, però ad aprile c’erano già state molte manifestazioni palestinesi e una cinquantina di morti. I dati sembrano riflettere una generale virata verso destra del pubblico israeliano sui temi della sicurezza.

 

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