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Cos’è il gaslighting e come usarlo per fare carriera

Un esempio: mentre facciamo una domanda al nostro collega, lui non distoglie lo sguardo dallo schermo del suo cellulare, sui cui sta digitando alcuni messaggi. Attendiamo una risposta che non arriva mai. Forse abbiamo soltanto immaginato di aver parlato? Forse il nostro tono di voce era troppo basso e lui non ha sentito. Forse ha problemi di udito, poverino. Un altro esempio: durante una riunione proponiamo un tema da discutere con urgenza. «Di questo avevamo già parlato, andiamo avanti», ci liquida immediatamente lui, davanti a tutti. Gli altri annuiscono e il meeting procede come se niente fosse. Ma come, ci chiediamo smettendo di ascoltare. Ne siamo certi: non ricordiamo affatto di aver sentito affrontare l’argomento. Sarà la stanchezza? Sarà lo stress? Cosa sta succedendo ultimamente alla nostra memoria, fino ad ora infallibile? La riunione è terminata e non abbiamo prestato attenzione.

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Questi sono solo due piccoli esempi di gaslighting, una forma di violenza psicologica che lede il senso di realtà della vittima, portandola a dubitare della sua stessa memoria, lucidità e percezione, nonché minandola nella sua autostima e corrodendo la sua sicurezza di sé. Il termine deriva da un film degli anni ’40, Gaslight, in cui c’è un marito che cerca di far impazzire la moglie modificando piccoli dettagli della casa: come ad esempio (ed ecco perché si dice così) l’affievolimento graduale delle luci a gas, che insiste essere frutto dell’immaginazione di lei.

 

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The Cooper Review, rivista di umorismo aziendale e tecnologico ideata dalla scrittrice e comica Sarah Cooper, ha pubblicato una serie di esilaranti vignette che illustrano 8 classici episodi di gaslighting (di solito effettuati dagli uomini nei confronti delle donne, ma non è detto sia sempre così), sottolineando come assumere un comportamento simile, sul lavoro, possa aiutare a fare carriera, mandando in confusione i propri colleghi e dimostrandosi così brillanti e sicuri, a scapito degli altri e senza dover contare su competenze reali. Una tecnica che (purtroppo) può funzionare in ambienti estremamente competitivi, ma non in quelli dov’è richiesta la collaborazione e il lavoro di gruppo: mettere k.o. i propri colleghi e la loro autostima quando il contributo di ognuno è importante, infatti, potrebbe dimostrarsi controproducente.

 

Immagini via The Cooper Review