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Cosa è successo all’uomo che ha mandato il falso allarme nelle Hawaii

La notizia è ormai ben nota: la mattina di sabato 13 gennaio su tutti i cellulari delle Hawaii è apparsa una notifica che avvisava dell’arrivo di un missile. «Cercate immediatamente rifugio», diceva il messaggio. «Questa non è un’esercitazione». E invece lo era, anzi, peggio: si trattava di un vero e proprio errore. Non solo: gli abitanti e i turisti terrorizzati sono stati avvertiti del falso allarme dopo ben 38 minuti. Lo spavento si è trasformato in rabbia. Una situazione molto delicata, che per vari motivi (come fa notare questo articolo del New York Timesrischia di ripercuotersi sul governatore delle Hawaii, il sessantenne David Y. Ige, già “politicamente a rischio”.

Ma la domanda che viene da farsi è: chi è stato? E cosa gli succederà adesso? Lo racconta sempre il Nyt, in un altro articolo. Il responsabile del misfatto è un impiegato della Hawaii Emergency Management Agency, che dopo 10 anni di encomiabile servizio, sabato mattina ha commesso un errore. Stava programmando un’esercitazione interna di routine e, semplicemente selezionando l’opzione sbagliata da un menù a tendina, invece che su “test di allarme missilistico” ha cliccato su “allarme missilistico”. Il fatto è stato raccontato da Richard Rapoza, l’ufficiale per le informazioni pubbliche dell’agenzia: una volta selezionata l’opzione errata, l’impiegato ha ricevuta una richiesta di conferma e, probabilmente per distrazione, ha confermato l’invio dell’avviso.

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Quel che è certo è che nei confronti dell’uomo non verranno presi provvedimenti troppo drastici. Niente licenziamento, insomma. L’impiegato verrà semplicemente riassegnato a un diverso settore dell’azienda, dove non dovrà più avere a che fare con il sistema di emergenza. Il suo nome rimarrà segreto per impedire ripercussioni sulla sua persona. «Come potete immaginare, è mortificato», ha commentato Rapoza. «Ma non possiamo rovinare la vita a un uomo solo perché ha commesso un errore». «Il vero problema», ha aggiunto Vern Miyagi, l’amministratore dell’agenzia, «non è che qualcuno abbia commesso un errore, ma che, per come è organizzato il programma, risulti troppo facile per un semplice errore avere conseguenze molto gravi. Il sistema avrebbe dovuto essere più solido e io non permetterò che un individuo paghi per un problema del sistema».

Foto Getty