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Possibile che i video dell’amministrazione Trump siano così brutti?

«Tonalità di giallo. Illuminazione scarsa. Citazioni con una punteggiatura strana in font casuali. Immagini stretchate e pixelate»: The Outline ha dedicato un pezzo di approfondimento a uno dei problemi più urgenti che riguardano l’amministrazione Trump, cioè l’estetica dei contenuti che diffonde online. Se durante gli anni di Obama alla Casa Bianca ogni immagine e video postato seguiva «un linguaggio coerente sotto il profilo del design», oggi milioni di americani devono fare i conti con produzioni simil-amatoriali «che sembrano montaggi di video delle vacanze fatti con iMovie».

Gli esempi, in tal senso, si sprecano: lo scorso aprile Trump ha twittato un video che celebrava il rientro in patria di Aya Hijazi, una volontaria egiziana-americana rilasciata dopo un periodo di detenzione da innocente nelle carceri dell’Egitto. La clip inizia con la canzone patriottica “God Bless the USA” su un’animazione stock della bandiera americana al vento, seguita dallo scrolling di un articolo del Washington Post che sottolinea il ruolo della Casa Bianca nella liberazione e quindi – dopo una serie di immagini presentate in sequenza con un effetto zoom, quest’ultimo tipico degli Trump Studios – una scritta «welcome home» a caratteri cubitali in bassissima risoluzione.

L’effetto epidermico dei video postati dal presidente degli Stati Uniti è di un cheap particolarmente scontato: è così anche per una clip che di recente metteva insieme, senza il minimo editing stilistico, ritagli di interviste e telegiornali per difendere Trump dalle accuse seguite al licenziamento del direttore del Fbi Comey, o per quella, ugualmente brutta, che celebrava l’incontro del commander-in-chief coi leader delle associazioni dell’autotrasporto americano. Senza contare che, poi, spesso questi video hanno anche seri problemi di contenuti: per salutare l’ex premier irlandese, The Donald ha twittato una produzione che terminava con l’immagine di un quadrifoglio, che poco ha a che vedere col simbolo dell’Irlanda, il trifoglio. Secondo qualcuno, questa, come dire, autenticità, fa il gioco dell’amministrazione in carica, avvicinandola ai suoi supporter. «Quando lucidi tutto e rendi ogni cosa perfetta, la gente non la vuole più», ha detto Paul Berry, ex Cto dell’Huffington Post, a The Outline.