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L’ossessione di David Lynch per le automobili

Verso la metà di Cuore selvaggio, il film di David Lynch del 1990, i due protagonisti, Sailor e Lula, si imbattono in una serie di vestiti abbandonati lunga la strada che stanno percorrendo in auto. Seguendo la scia dei capi, il duo finisce nel bel mezzo del deserto, dove, tra gli arbusti, trova un uomo in posizione supina, col volto coperto di sangue e illuminato dai fari di un’automobile, e una donna che fa in tempo a rivolgerli la parola e poi muore anch’ella. La scena non ha alcun impatto sulla trama del lungometraggio, e guardando all’insieme del film risulta anzi incoerente: eppure, spiega Vice, per Lynch è una specie di confessione di un’attenzione particolare – ai limiti dell’ossessivo – per «la più innocua fonte d’orrore della vita americana»: le automobili.

«Per Lynch, le auto sono tutto tranne che mezzi di trasporto», scrive Vice. Il regista le ha rese veicoli rubati da psicopatici in Velluto blu; in Strade perdute sono modificate e hanno alla guida temibili malavitosi disposti a tutto; in Mulholland Drive, addirittura, sono addirittura l’espediente narrativo che dà l’avvio alla vicenda; per finire, nel Twin Peaks originale ci sono indizi innestati negli annunci di macchine usate, mentre nella recente terza stagione de facto hanno un ruolo importante nell’incidente di Richard Horne.

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Dunque, come si spiega il penchant lynchiano per le automobili? La risposta potrebbe trovarsi nella sua biografia: nel suo libro Weirdsville, USA: The Obsessive Universe of David Lynch, Paul A. Woods nota che la sequenza di Cuore selvaggio potrebbe venire da un «terribile incidente stradale» che uccise un amico d’infanzia di David Lynch. Ma, come dice anche Vice, «le macchine-come-strumenti-dell’orrore potrebbero essere semplicemente la conseguenza di un regista che ha passato la sua vita in America che distilla la sua esperienza nelle sue opere».

Immagini tratte dai film di David Lynch: in evidenza Cuore selvaggio, in testata Mulholland Drive