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Il problema non sono i bambini, ma i genitori attaccati allo smartphone

Si discute molto sui rapporti di bambini e ragazzini con la tecnologia: qual è l’età giusta per lasciarli usare un iPad o uno smartphone? E quanto tempo passato davanti allo schermo diventa troppo tempo? Ne abbiamo discusso anche qui su Studio, con un pezzo di Arianna Giorgia Bonazzi. Forse però la questione è mal posta. Erika Christakis, un’esperta di scienze dell’educazione che insegna a Yale e autrice del libro The Importance of Being Little: What Young Children Really Need From Grownups, sostiene che il problema sono i genitori, e non i bambini, attaccati allo smartphone. «Se vogliamo parlare di sviluppo, i genitori dovrebbero preoccuparsi meno del tempo che i loro figli passano davanti allo schermo, e preoccuparsi di più del tempo che ci passano loro», ha scritto in un intervento sull’Atlantic, intitolato “The Dangers of Distracted Parenting”.

Christakis inizia spiegando che l’utilizzo di device tecnologici da parte dei bambini non è poi così dannosa, anche se ha dei lati negativi che non vanno sottovalutati: «Alcuni giochi interattivi che si trovano sui telefoni o sui tablet potrebbero essere meglio di guardare la tv o video su YouTube, perché essi ricalcano il modo in cui un bambino gioca naturalmente», scrive. Però resta il fatto che «il tempo passato in compagnia di device tecnologici è tempo che non viene speso esplorando il mondo o relazionandosi con altri esseri umani», che sono cose fondamentali. Detto questo, prosegue la studiosa, una questione molto più urgente e «di cui stranamente non si è parlato molto», è lo stato di semi-distrazione permanente in cui si trovano i genitori che sono un po’ troppo smartphone-dipendenti.

smartphone genitori bambini

Citando Linda Stone, un’esperta di tecnologia che ha lavorato per Apple e per Microsoft, Christakis mette in guardia rispetto al cosiddetto stato di «attenzione continua parziale», espressione coniata dalla stessa Stone alla fine degli anni Novanta per descrivere quell’attitudine mentale in cui non si è mai focalizzati o del tutto reattivi, perché siamo bombardati da stimoli incessanti. Quello della «attenzione continua parziale» è un problema che diventa particolarmente serio per i genitori dei bambini piccoli perché, sostiene l’autrice, «rischia di interrompere un antico sistema di apprendimento emotivo, che si basa sulla comunicazione reattiva».

In pratica, quello che Christakis sta dicendo è che per lo sviluppo dei bambini è importante la comunicazione coi genitori, e che quel quel sistema, fatto di richiesta di attenzione e di attenzione che viene accordata, viene indebolito quando un genitore è sempre mezzo distratto. Un altro problema, aggiunge poi, è che un genitore smartphone-dipendente tende anche ad essere più irritabile, e dunque a reagire in malo modo quando si sollecita la sua attenzione. La buona notizia, almeno per i genitori, è che non tutta la distrazione viene per nuocere: «Un po’ di distrazione parentale non è certo catastrofica, anzi potrebbe persino aiutare la resilienza del bambino». Invece si presentano problemi quando la distrazione diventa «cronica».