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La storia di Anna Delvey, l’imbrogliona di New York, diventerà una serie Netflix

Se avete letto il lungo racconto di Jessica Pressler uscito due settimane fa sul New York già conoscete la storia di Anna Delvey, stagista di Purple Magazine che, per un breve ma glorioso periodo, è riuscita a spacciarsi per una ricca ereditiera tedesca in procinto di aprire una fondazione di arte contemporanea nella Grande Mela. Ora quella storia arriva in tv e sarà Shonda Rhimes, la mente di Scandal e Grey’s Anatomy fra gli altri, a curarne l’adattamento per il suo debutto su Netflix.

Delvey ha conquistato il gotha di New York tramite un complicato sistema fondato sull’ostentazione di una ricchezza inesistente, la falsificazione di documenti bancari e l’invenzione di personaggi fittizi, come l’avvocato Peter W. Hennecke, consulente depositario del patrimonio Delvey con il compito di sbloccare onerosi pagamenti. Transazioni che, naturalmente, sono finite nella lista dei bonifici mai avvenuti. Nella sua storia non manca nulla: la furbizia di chi ha poco e vorrebbe tutto, l’incredibile superficialità di certi ambienti, l’inevitabile (e rovinosa) caduta.

Classe 1991, di origine russa, Anna Sorokin (questo il suo vero nome) nel 2007 si è trasferita a Eschweiler, cittadina a sessanta km da Colonia, assieme alla famiglia, che è venuta a sapere delle avventure newyorkesi della figlia tramite la stampa. Per un periodo Delvey/Sorokin, che parlava un tedesco stentato e già per questo “sospetta”, ha studiato alla Central Saint Martins di Londra ma non ha concluso il suo percorso di studi, trasferendosi a Berlino. È arrivata quindi da Purple, il celebre magazine fondato da Olivier Zahm, dove ha iniziato la sua scalata al mondo dorato dell’1%. Oggi Delvey, che ha accumulato debiti per circa 270.000 dollari, è in attesa di giudizio: potrebbe rischiare infatti fino a quindici anni di carcere. Lei, però, più che dal rimorso sembra essere mortificata dall’essere stata definita una “wannabe socialite”. «Non ho mai cercato di essere una socialite. Sono andata a delle cene, ma erano cene di lavoro. Volevo solo essere presa sul serio», ha detto a Pressler da dietro le sbarre.