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La vittoria del calcio estero in Tv

Un tempo era da snob, esterofili, appassionati un po' folli. Oggi la Premier, la Liga, la Bundes e la Ligue1 sono seguite da chiunque, e il successo e i dati di Fox Sports lo dimostrano. Un po' di numeri Tv e i pareri del direttore Guadagnini.

di Marco Capizzi

In un agosto povero di calcio giocato vero (non tornei e tournée), per i tifosi italiani, malati di questo sport, non resta che buttarsi sui campionati esteri. Fino a qualche anno fa si ragionava così, «non c’è la Serie A, mi accontento di Premier League o Liga, di quel che passa la Tv». Ora tutto è cambiato (tranne il campionato italiano, assente ingiustificato in agosto) e le leghe estere non sono più solo un ripiego del tifoso in astinenza di gol, ma si sono trasformate in un prodotto di cui spesso l’appassionato di calcio non può farne a meno. Chi ha avuto recente esperienza con bambini dai 4 ai 10 anni avrà visto come prevalentemente alla domanda di qual è il calciatore preferito, si è sentito rispondere «Ronaldo» (per questa generazione esiste solo Cristiano), «Messi», «Ibrahimovic», «Neymar» e altri. Più difficilmente avrà come risposte Tevez, Balotelli, Icardi o Destro.

Tuttavia non sono solo sensazioni, anche i numeri parlano di questa inversione di rotta. Si prendano due domeniche della scorsa stagione, il 23 marzo e il 27 aprile. Nella prima data, in posticipo in Serie A si gioca Catania-Juventus mentre a Madrid è di scena il Clasico Real-Barcellona. I dati di ascolto impressionano: su Sky la capolista e squadra con più tifosi in Italia viene vista in media da 837.838 persone e conta 2.486.784 visitatori unici (ovvero l’utente che per almeno un minuto è stato su quel canale). Il big match spagnolo trasmesso da Fox Sports (presente sulla piattaforma Sky e Mediaset Premium) ha una media di 818.125 spettatori e 2.394.681 visitatori unici, record stagionale per il neonato canale televisivo. Poche decine di migliaia di differenza. Certo se si somma anche chi ha visto Catania-Juventus su Mediaset Premium i numeri un po’ cambiano ma restano significativi. Come del resto il 27 aprile quando alle 15 in Italia si gioca Livorno-Lazio più altre tre partite. In Inghilterra invece si sfidano Liverpool e Chelsea. Quest’ultimo match trasmesso sempre da Fox Sports raccoglie 368.287 spettatori medi con 928.513 visitatori unici. Qui c’è il sorpasso: sommando gli spettatori medi di Sky e di Mediaset Premium, Livorno-Lazio non raggiunge i 270mila spettatori. Una sfida del campionato inglese supera una partita dove c’è la squadra della Capitale e una in lotta per la salvezza, non proprio una partita di nicchia.

La Premier League ha cinque miliardi di spettatori venendo trasmessa in 220 Paesi, numeri superiori a quelli di grandi eventi come il Mondiale.

Che cosa sta cambiando nel panorama televisivo e tifoso italiano? «Quello che abbiamo constatato è che spesso, effettivamente, il grande contributo della Tv a pagamento in Italia è quello di allargare i confini della passione e della cultura calcistica. I giovani ormai hanno più familiarità con il Manchester United o il Chelsea (per dirne due) che con squadre italiane», così ci racconta Fabio Guadagnini, direttore di Fox Sports, canale che anche quest’anno avrà l’esclusiva per i maggiori campionati esteri (tolta la Bundesliga che resta su Sky). Si comincia venerdì 8 con la Ligue 1 e il Psg di Ibra in trasferta a Reims, per continuare domenica 10 con la Charity Shield tra Arsenal e Manchester City, il week end successivo con l’avvio della Premier League e della Eredivisie e infine il 24 agosto con la Liga. In più da quest’anno in diretta FA Cup e Brasilerão. Questa cambiamento nel tifoso è secondo Guadagnini «fattore di crescita e di maturazione verso un calcio globalizzato. Si pensi che la Premier League ha cinque miliardi di spettatori venendo trasmessa in 220 Paesi, numeri superiori a quelli di grandi eventi come il Mondiale considerato che il campionato dura tutta una stagione».

Top player

Quello che spinge il tifoso ad allargare la propria cultura calcistica non è tanto la semplice voglia di vedere più calcio, ma di vedere bel calcio. Fino ad una quindicina di anni fa chi si interessava di Premier League (che secondo il direttore di Fox Sports resta «l’NBA del calcio» davanti a Liga e poi tutte le altre) era un tifoso di nicchia, uno un po’ snob che non si interessava di calcio nostrano e che tacciava di sciovinismo i tifosi italiani. Ora no: è il tifoso italiano che, subendo la diaspora dei grandi campioni dalla Serie A, va a cercare i cosiddetti Top Player altrove e Fox Sports è stata abile nel porsi come “la Tv dei Top Players” (entrambe le campagne di lancio della scorsa e di questa stagione giocano su questo termine), proprio perché «sono loro ad alzare gli ascolti e ad appassionare i tifosi».

Nostalgia canaglia

Certamente i Top Players sono uno dei fattori, a questi si deve poi sommare una sorta di sentimento di nostalgia provato dal tifoso italiano che ha visto i suoi idoli emigrare in lidi stranieri. Quanti interisti ad esempio non si perdono una partita del Chelsea del “loro” Josè Mourinho; per non parlare di chi ha ancora nel cuore i gol di Zlatan e le chiusure di Thiago Silva oppure le Champions di Ancelotti e si potrebbe andare ancora avanti. Insomma, oltre che desiderio di bel calcio c’è anche ricordo del passato nel tifoso spettatore.

«Ciò che fa la differenza tra la produzione di una partita di Serie A e una di un campionato straniero è l’impianto, lo stadio»

«Effetto Playstation»

Si è detto dei grandi campioni, ma vi sono altri fattori che invogliano lo spettatore italiano a lanciarsi sul calcio straniero, come la produzione del match, che è migliore: «Ciò che fa la differenza tra la produzione di una partita di Serie A e una di un campionato straniero è l’impianto, lo stadio», continua Guadagnini, che prima di Fox Sports è stato uno dei protagonisti della crescita di Sky Sport nel primo decennio del 2000. «Avere gli stadi assolutamente curati, gli spalti pieni, l’erba tagliata perfetta, un impianto d’illuminazione più che adeguato danno alla produzione della partita straniera un margine rispetto a quella italiana». Si viene a creare un «effetto Playstation che permette di vedere il meglio, dove il regista ha più libertà, può dare allo spettatore davanti allo schermo la sensazione di essere in campo». Per la Serie A è diverso, gli spalti semivuoti, lo stadio non pensato per ospitare le telecamere, «impongono una produzione claustrofobica dove il regista deve inquadrare solo il campo e cercare di non mostrare il manto erboso non curato».

La casa del calcio

In aiuto a questo sviluppo vi è di sicuro la concentrazione di tutti i campionati stranieri più importanti (tolta la Bundesliga) in unico canale. Questo «aiuta nell’identificazione di una casa. Lo spettatore trova quello che ama di più in un unico contenitore che non è più solo il canale ma un mix tra la Tv, i contenuti web e le piattaforme social». Il calcio 2.0 è anche questo, e la Serie A insegue.

 

Nell’immagine, sciarpe in vendita a Madrid prima della finale di Champions League 2013/14. Gonzalo Moreno / Getty