Attualità

La domenica lasciami sola

Come sopravvivere a un tifoso di calcio e, se possibile, continuare ad amarlo nonostante il campionato (e la Champions, e i Mondiali)? Prova a spiegarcelo un manuale di sopravvivenza ironico, un'opera prima che esce mercoledì 22 per Baldini&Castoldi.

di Simonetta Sciandivasci

Gianni Brera, autore sacramentale, sulla porta: «La difendiamo accanitamente se è nostra, la insidiamo per profanarla se è degli antagonisti». Se oggi qualcuno dicesse o scrivesse qualcosa di simile a proposito di una donna, sarebbe condannato per stalking; la stampa opinionista urlerebbe alla reificazione sessista; il Ministero dell’Istruzione varerebbe una manovra per il ritiro coatto dal commercio di tutti i libri in cui compaia il principe azzurro. Vedere e godersi lo spettacolo di un uomo che ama da uomo, con la potenza archetipica e irrazionale che rimpiangiamo con dolore crescente, è più facile allo stadio che a cena fuori.

Essendo massimamente sconsigliabile travestirsi da porte da calcio o perpetrare la lotta contro il pallone, che aveva senso solo ai tempi di Rita Pavone, quando dovevamo ancora conquistarci il diritto alla Partecipazione, cosa possiamo fare per accaparrarci i colpi di testa dei nostri compagni? Semplice: usare il calcio a fini coniugali. Smetterla di considerarlo un antagonista, un rivale della nostra vita sentimentale, una specie di circo che tira fuori il peggio dei nostri compagni e trasformarlo, invece, in un nostro alleato.

Quando ho iniziato a scrivere La Domenica Lasciami Sola, credevo che sarebbe stato necessario destrutturare i luoghi comuni femminili che ci rendono il calcio tanto incomprensibile e odioso, ma mi è stato poi chiaro che non avevo alcun intento prescrittivo. Ho capito che volevo parlare di uomini e donne, di giochi di ruolo. Soprattutto, ho capito che volevo sorridere. Il solo modo che avevo per riuscirci era raccontare una storia d’amore, che non destrutturasse proprio nulla e fosse solo l’indicazione di un’accoglienza. Per amare un uomo che ama il calcio non c’è affatto bisogno di comprendere il fuorigioco: basta lavorare di fantasia e credere, per esempio, che il fuorigioco non esista. Come
l’amore, che forse non esiste, ma si può sentire e, in quale modo imponderabile, regola e conserva le nostre vite.

Se, poi, alla partita dobbiamo andarci per forza, ci sono decine di vantaggi che possiamo imparare a trarre da quei 90 imbarazzanti minuti in curva. Eccone alcuni.

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PRONTUARIO DI SOPRAVVIVENZA

Non sono una di quelle che, una volta fidanzate/sposate/accoppiate, dimenticano le amiche. Non sarete tutte fortunate come me: vi capiteranno in sorte uomini che pretenderanno la vostra presenza durante le partite. Per questo, ho deciso di aiutarvi ad affrontare la catastrofe. Innanzitutto, è importante che manteniate ben salda la sola consapevolezza che conta: le vere signorine LDLS sanno come usare il calcio per fini coniugali. Pertanto, solo se espressamente invitate, accompagnano i propri uomini allo stadio, anche a costo di rinunciare a quell’imperdibile concerto della Filarmonica di Berlino all’Auditorium – a cui in verità non avevano né nessunissima voglia di andare né nessunissima voglia di sentirsi in colpa per non esserci andate, quindi possono cogliere la palla al balzo e addossare la responsabilità a quello zotico del proprio fidanzato che preferisce il campionato alla musica classica teutonica.

Allora.

State per andare allo stadio? (Vi ha invitate lui, ovviamente). Sfoderate le armi (figurate, s’intende: siete signorine, mica opliti) e concentratevi sui vantaggi fondamentali.

– Potrete urlare «Deviii moriiiire» a un numero imprecisato di persone, senza che nessuno vi quereli o vi accoltelli, come accadrebbe all’ora di punta sul raccordo. È catarsi, bellezze.

– Guadagnerete – se siete abili nella contrattazione – un bonus scavalca-suocera: «Amore, non ti ricordi che oggi tua madre ci aveva invitati a pranzo?» Non importa se non è vero: gli sembrerà comunque plausibile (voi non lo sapete, ma sua madre lo invita a pranzo e cena anche tutti gli altri giorni della settimana, a parte il mercoledì, quando è impegnata a guardare Chi l’ha visto? nella speranza che tra le persone scomparse ci siate voi). A quel punto, sottolineate che fareste entrambe le cose (pranzo e partita), ma non vorreste correre il rischio di far tardi all’una o all’altra e, soprattutto, non vorreste mai offendere la Signora Madre. Lui sceglierà ovviamente la partita e chiamerà a casa
sua per notificare la defezione. Seguiranno attimi di grande contrizione: approfittatene, è il momento perfetto per assicurarvi il vostro bonus. Ditegli: «Al prossimo pranzo cerca di andarci da solo, così puoi passare più tempo con lei e farti perdonare». Gli sembrerà un’ottima idea e si illuminerà di gratitudine per la vostra magnanimità. Niente quid pro quo tipo: «Amore, io vengo allo stadio se per due settimane non mi porti da tua madre» oppure «Però poi andiamo a fare un po’ di shopping con la tua carta di credito». Non siete in un suk, non dovete contrattare: la vostra compagnia è un premio, non una merce.

Non dovete contrattare: la vostra compagnia è un premio, non una merce.

– Per novanta minuti, qualunque cosa accada sarà sempre solo colpa degli infami avversari e non vostra, come invece è per il resto della vita al suo fianco, quando riesce a dirvi che gli avete perso lechiavi della macchina, fatto recapitare una multaper divieto di sosta, macchiato la camicia, fatto perdere il contatto con gli amici, averlo reso un pantofolaio che paga il canone Rai, impedito di diventare campione mondiale di pesca sul ghiaccio o una rockstar.

– Per novanta minuti, non vi sarà chiesto di fare nulla, nemmeno un caffè.

– Conce o sconce che siate vestite, nessuno vi guarderà. È un picco di libertà che non potete raggiungere nemmeno quando siete a casa da sole (lì ci sono il telefono che squilla, la nutella in dispensa, l’inspiegabile smania di spolverare i lampadari e il battiscopa). Dedicatevi a voi stesse e fate quella cosache non trovate mai il tempo di fare – tanto che le riviste femminili la consigliano per ammazzare l’attesa alla fermata dell’autobus: la ginnastica pelvica. Semplici contrazioni volontarie dell’utero che prevengono l’incontinenza e il prolasso vaginale. Pensate al futuro. Prevenite.

– Lui potrebbe commuoversi e piangere. Sarebbe uno spettacolo favoloso e stridente quasi quanto una intera legione di soldati spartani che, dopo aver scatenato l’inferno, si mettono a frignare.

E ora passiamo alle regole da seguire.

– Non fate domande, non siete in un museo: non avete capito il calcio per una vita, non c’è alcun bisogno di iniziare adesso.

– Non pitturatevi la faccia: non siete un sacrificio umano, né un capotribù indiano. Peraltro è quasi certo che sbagliereste il verso delle strisce della bandiera.

– Non fate le carine con i tifosi della squadra avversaria: siete in mezzo a una guerra, sì, ma non come crocerossine, né come guardie svizzere. Se i nemici sono assetati, non potete offrir loro nemmeno un goccio della vostra bottiglietta d’acqua (evitate borracce o thermos, a meno che non vogliate compromettere per sempre la reputazione dei vostri fidanzati, esponendoli alla violenza nepotista e bullista).

– I cori vi sembrano litanie in bergamasco? Accostatevi al loro ascolto come fa Julia Roberts quando va a vedere La Traviata in Pretty Woman: senza alcun interesse per le parole (tanto, esattamente come nella lirica, non si capiscono). Sperimentate il Sublime e gli effetti di spaesamento estetico che un’opera può arrecare indipendentemente dal suo significato – sempre meglio farlo allo stadio che durante una performance di Marina Abramovich che piange immobile per diciannove ore seduta su uno sgabello. Lasciate che vi si aggroviglino le budella, date potere all’immaginazione e avrete saldato il vostro debito con l’arte, pur avendo mancato la Filarmonica di Berlino. Che volete di più?

– Aspettate sempre qualche istante prima di esultare per un goal: potrebbe aver segnato la squadra avversaria (se è complicato capire quale sia la porta dei nostri in tv, fi guratevi allo stadio, dove non si vede una ceppa e non c’è Caressa che spiega cosa sta accadendo) o la rete potrebbe venire annullata (e in quel caso passereste pure per iettatrici). Esultate solo dopo che ha esultato lui. Durante lo scambio dei consensi, nel rito matrimoniale, siamo noi a dire per prime sì o no. Quando il sesso va bene, siamo noi per prime a provare l’orgasmo. Al ristorante, secondo il galateo, siamo sempre noi per prime a ordinare. Dimostriamoci eque e, almenoallo stadio, facciamo in modo di accodarci noi a loro, non il contrario. Facciamoci guidare, in fondo è domenica e siamo a riposo.

– Portate con voi un paio di quegli inaccettabili sandali infradito con cui si arrischia a varcare la soglia di casa quando arriva la bella stagione. Se, sciaguratamente, la sua squadra dovesse perdere, tirateli fuori dalla borsetta e mostrateglieli: assocerà per sempre lo scoramento del perdente a quelle orripilanti ciabatte e non vorrà mai più indossarle, a meno che non gli piaccia soffrire (se così è, mollatelo!). Non si sfugge al riflesso condizionato. Se non vi fidate di me, fidatevi di Pavlov, che era scienziato e, come se non bastasse, pure russo. Capite? Una donna davanti a una partita di calcio è sola con il suo incredibile cervello, il miglior filatore di tessuti connettivi che esista al mondo. Non cercate di partecipare: subìte. Subìte e vi si accenderanno in testa meraviglie. La vera signorina LDLS accetta, ogni tanto, anche di guardare la partita in casa, accanto al suo uomo, evitando, pure in questo più ancora delicato frangente, di assurgersi a un Mario qualsiasi e riuscendo così a ottenere altri benefici coniugali.

Obbligare un calciofilo ad arrotolare spaghetti all’astice mentre ha gli occhi puntati sul televisore è come regalargli un body-scrub per il suo compleanno.

– Non cucinate. Obbligare un calciofilo ad arrotolare spaghetti all’astice mentre ha gli occhi puntati sul televisore è come regalargli un body-scrub per il suo compleanno: significa costringerlo a ringraziarvi mentre abusate spudoratamente di lui per fare qualcosa che avete voglia di fare soltanto voi. Anche se gli spaghetti all’astice dovessero piacergli (certamente più di uno scrub), il punto è che davanti alla partita non si può forzare un uomo a rispettare le nozioni del mangiare civile. Lo mettereste in imbarazzo come quelle mamme che vanno a prendere i figli a scuola e li baciano sulla bocca davanti a tutti. Voi non siete mamme, non fate coccole: siete donne LDLS, cioè ben consapevoli di quando è il momento di smettere di essere signorine e iniziare a fare, aggraziatamente, le porche. Ordinate cinque pizze wurstel e patatine e tenete in fresco una ventina di Peroni. Se lui dovesse fare dei ruttini, evitate di riprenderlo, soprattutto in presenza dei suoi amici. Vivete la cosa come un Carnevale: tutto si ribalta, il signore è plebeo e il plebeo è signore. Non siete a Rio de Janeiro: la sospensione della civiltà durerà solo novanta minuti, ne verrete fuori integre e lui non altererà la sua costumatezza.

– Se vi macchia il tappeto e vi unge il tavolino senza che voi fiatiate e lo guardiate in cagnesco, il giorno dopo sarà lui stesso a prendere l’iniziativa e pulire tutto, memore della vostra generosità per avergli permesso di guardare la partita. Abbiate fiducia nel fatto che viviamo nel 2014 e non nel 1952: gliuomini sono stati addomesticati quantomeno alla reciprocità. Se poi lui dovesse non rimuovere le tracce unne dal vostro salotto, chiamate la donna delle pulizie più cara che conoscete, approfittate per farle fare i lavori di primavera anche se è autunno e poi presentate a lui il conto. La volta successiva saprà come comportarsi. Siate passivo-aggressive: è la chiave della seduzione, cioè del potere.

– Se proprio volete partecipare e simulare il vostro entusiasmo, vi tocca mimetizzarvi, quindi essere completamente sboccate e volgari. Preferirei che evitaste. Proibito, invece, scandalizzarvi per quello che sentirete proferire al vostro maschio o ai suoi amici. In fondo, quando noi partoriamo diciamo cose che farebbero arrossire Satana e nessuno ci riprende. A ciascuno il suo.

– Esattamente come allo stadio, evitate le domande. Soprattutto quelle sul fuorigioco: non permettetegli di compatirvi né di vedere in voi la conferma di un cliché. Tanto è come con le aliquote fiscali: ve le spiegano e magari le capite, ma il giorno dopo la dichiarazione dei redditi vi risultano nuovamente oscure, inintelligibili, assurde.

– Evitate considerazioni ovvie sulle divise; sul culo di Marchisio; sugli stipendi dei calciatori; sulla violenza negli stadi (tanto state a casa al sicuro, anche se non vi garantisco l’incolumità fisica se non la piantate di pontificare su qualunque cosa).

– Se non riuscite a trattenervi dal chiedere cosa accidenti sia il fuorigioco (d’altro canto tacere per novanta minuti dentro il vostro salotto può essere pesante) e lui dovesse schernirvi per questo,ribattete con qualcosa di filosofico, alla Gorgia, tipo: «Nulla esiste; se anche il fuorigioco esistesse, non sarebbe conoscibile; se anche il fuorigioco fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile agli altri». D’altronde, potrebbe anche essere arrivato il momento di cambiare i termini di questa annosa querelle e stabilire, appunto, che non sono le donne a non capire, ma o gli uomini a non saper spiegare o il problema a non sussistere. Pensate in grande, potreste essere le iniziatrici di una rivoluzione copernicana. Immaginatevi il capitolo di un sussidiario del Tremila dopo Cristo: «Anni zero, la donna scopre che il fuorigioco non esiste».

Potete farcela. Possiamo.

 

Nell’immagine, un dettaglio della copertina